All’Auditorium Terzani della Biblioteca San Giorgio di Pistoia (via Sandro Pertini), giovedì 5 dicembre alle 16.30, la 69a edizione del Premio Letterario Internazionale Ceppo organizza un incontro con
Francesco Guccini in occasione della pubblicazione del libro “Così eravamo. Giornalisti, orchestrali, ragazze allegre e altri persi per strada” (Giunti). L’evento si svolge con la compartecipazione del Comune di Pistoia, il sostegno della Fondazione Caript e con la collaborazione della libreria Giunti al Punto di Pistoia. La serata sarà condotta e moderata da
Paolo Fabrizio Iacuzzi, presidente e direttore del Premio, che ha seguito come editor anche questo libro dello scrittore pavanese. Interverranno
Antonio Franchini (direttore della Narrativa Giunti),
Alberto Bertoni (giurato del Premio) e
Filiberto Segatto (giurato del Premio). Ingresso libero, prenotazione obbligatoria:
info@premioceppo.it
I natali di Francesco Guccini, lo sanno ormai tutti, sono modenesi. Ma quelli di ogni Natale della sua infanzia li passò a Pavana, durante la guerra e il passaggio del fronte della linea gotica. Mentre Colombini, il compagno di scuola quasi sconosciuto e protagonista nel primo dei racconti inclusi in
Così eravamo, di Natali non ne vide più molti, essendo morto in giovane età. Così come non vedrà il Natale del 1963 la giovane “promessa” morosa di Francesco, travolta dal disastro della diga del Vajont del quinto e ultimo racconto del libro.
L’andare a piedi, da casa a scuola, di un bambino alle medie, dove un tuo compagno, quello che portava la giacca color senape e di cui ricordi a stento il sorriso, muore all’improvviso e non vedrà nulla di tutto quanto è venuto dopo: la televisione, la città che cambia, la musica che farà venire voglia a tutti di ballare. L’andare, in un giornale di provincia, di un giovane montanaro in cerca di lavoro, con una fame nera e un cinico capocronaca che ti scoraggia. L’andare notturno, alla stazione, di un redattore e di un pittore in cerca di una generosa prostituta da assoldare per sfidarsi in una gara di resistenza, che però è un cattivo scherzo che ti porti impresso nella mente. L’andare, in tutte le balere, di un orchestrale a suonare fino all’alba, con un giornalista che ti tempesta di domande e vuole episodi piccanti da te che, ora, fai altro. L’andare in gita, alla domenica, di te giovane sottotenente in pausa dalle manovre di due capitani che simulano un rifugio antiatomico, senza accorgerti di un grande disastro che poteva cambiare un destino, anzi due. Francesco Guccini scrive con impietosa ironia cinque racconti che sono la
Spoon River in prosa di una intera giovinezza, un romanzo di formazione scandito per quadri che – come nel breve spazio di una canzone – racchiudono l’essenza di un sentimento perduto eppure ancora capace di accenderci. Tra biografia e finzione, alla fine, forse, a salvarsi sono solo gli oggetti, specie uno: il portacenere rosso, gadget di una bibita famosa pop, che prima gli ha rubato il cuore e poi è sparito, portandosi dietro quel ragazzo vissuto fra la guerra e il dopoguerra, fra l’Appennino e Modena, che se ne va tra i fantasmi del passato in cerca di un’impossibile via di fuga.
Con questo evento prosegue l’“Omaggio a Francesco Guccini” che il Premio Ceppo ha dedicato negli ultimi anni come momento di riflessione sulla lezione e sul magistero che lo scrittore ha consegnato all’Italia attraverso le sue canzoni e i suoi racconti. Gli è stato già assegnato in passato il Premio Ceppo Natura, quasi a sottolineare una essenziale vocazione “econarrativa” della sua scrittura ed era già stata presentata l’antologia
Canzoni (a cura di Gabriella Fenocchio, Bompiani). Dopo
Tralummescuro,
Tre cene e
Vola Golondrina (con Loriano Macchiavelli) è la volta del suo nuovo libro, dove rievoca tra fiction e non fiction i suoi anni modenesi. Guccini è lo scrittore della gente dell’Appennino, fra Toscana e Emilia, inteso come metafora di ogni ritiro non fine a sé stesso dal mondo ma per ascoltare e dar voce all’umanità più autentica e vera del mondo. Scrive da quella terra di frontiera – esistenziale e culturale, fra due cruciali isoglosse linguistiche – che è Pàvana, mito e roccaforte di una narrazione orale e contadina che Guccini ha portato di nuovo alla ribalta nella letteratura italiana grazie al suo talento, quello di un uomo che, pur di mettere a frutto e fino in fondo la propria vocazione di scrittore, ha preferito saggiamente ritirarsi dai palcoscenici e dai riflettori della canzone italiana, per scrivere da Maestro, da “gigante dell’Appennino” il suo nome e cognome a chiare lettere nella leggenda della nostra terra.
Francesco Guccini è nato a Modena nel 1940 e vive a Pàvana, sull’Appennino Tosco-Emiliano. Cantautore poeta e scrittore, è un mito per generazioni di italiani. Per vent’anni, fino alla metà degli anni Ottanta, ha insegnato lingua italiana al Dickinson College di Bologna, scuola off-campus dell’Università della Pennsylvania. Ha esordito nella narrativa nel 1989 con
Cròniche Epafániche per pubblicare poi
Vacca d’un cane (1993),
Cittanòva blues (2003),
Tralummescuro (2019, premio Selezione Campiello),
Tre cene (2022) che insieme sono i pannelli di un’autobiografia e un vasto omaggio letterario ai luoghi delle radici. Ha scritto anche molti altri racconti e romanzi, che hanno avuto uno straordinario successo. Con Loriano Macchiavelli ha pubblicato diversi gialli, da
Macaronì (1997) a
Vola Golondrina (2023), che hanno appassionato i loro lettori. Per Bompiani nel 2018 è uscito il volume delle sue
Canzoni con il commento filologico di Gabriella Fenocchio.