Perché leggere i classici. Carlo Santini e la scienza degli antichi

il 08/02/2012 - Redazione

Non solo letteratura, poesia, filosofia e teatro. I Greci e i Romani ci hanno lasciato anche un’immensa eredità tecnico-scientifica alla quale si tende a non pensare quando si parla di classicità. Matematica, geometria, medicina ed ingegneria sono branche che devono moltissimo al mondo classico. E a domande su argomenti come questi risponde il professor Carlo Santini, docente di Letteratura latina presso l’Università di Perugia. Per quanto concerne la storia della scienza dell’antichità, Santini si è interessato soprattutto di letteratura astronomica greca e latina e della tecnica prefatoria nella trattatistica scientifica. Autore di molti libri e saggi, nel 2002 ha diretto e coordinato la realizzazione del volume “Letteratura scientifica e tecnica di Grecia e Roma” (Carocci Editore).

Professor Santini, perché leggere i classici greci e latini ancora oggi?
“Direi perché siamo i legittimi eredi di quella civiltà e sarebbe strano se non andassimo a controllare la proprietà che abbiamo ricevuto in eredità. Questa è ovviamente la risposta minimale, sulla quale si impianta il consenso riconosciuto dei valori universali che ci trovano nei ‘classici’ in generale; essi, quindi, costituiscono un ‘canone’ di testi al quale ogni lettore (ogni uomo?), credo, possa fare riferimento. Harold Bloom ha fissato un canone occidentale partendo dal Medioevo, ma io trovo poca differenza, quanto a criteri di canonicità, tra Omero e Virgilio da un lato e Dante e Tolstoi dall’altro”.

Quando si pensa ai classici dell’antichità ci vengono in mente il teatro, la filosofia e la letteratura; ma il mondo greco-romano ci ha lasciato anche una grande ed importante eredità tecnico-scientifica. Quali sono gli aspetti di questa branca del sapere che più risultano attuali e fondamentali per il nostro sapere?
“Non c’è dubbio che la scienza abbia rappresentato uno dei grandi filoni del pensiero antico, secondo un percorso di formazione che ha preso origine dal retaggio di osservazioni ed esperienze degli scribi dalle civiltà mediorientali per raggiungere l’apice nella letteratura greca di età ellenistica e romana e confluire poi, arricchito e tecnicamente rafforzato, nella civiltà dell’impero di Roma, quindi nelle eredità bizantina e araba. Ho usato volutamente il termine ‘letteratura’ perché una distinzione di ruoli con le belle lettere compare solo con il positivismo del XIX secolo, in coincidenza, per altro non casuale, con la fine del ruolo del latino come lingua per l’insegnamento nelle università europee. Omero, per citare il primo esempio, descrive come si deve allestire un banchetto, un trattato, un funerale secondo una prospettiva ‘sapienziale’ che si avvicina alla didassi dei fisiologi. Ed è questo il concetto più profondo che resta come indicatore al pensiero attuale, al di là di sistematiche impeccabili (la geometria euclidea), di intuizioni sorprendenti (la fisica atomica), di calcoli sostanzialmente esatti (il diametro della sfera) e di vere e proprie scoperte (il moto di precessione degli equinozi)”.

Prendendo spunto dal libro della musicista e matematica Ketty Ferguson intitolato “La musica di Pitagora” le chiedo: quanto è ancora attuale il pensiero pitagorico? E quale valore ha ancora oggi, alla luce dei progressi della scienza che usa i numeri come proprio linguaggio, l’affermazione di Pitagora che “Tutto è numero”?
“Sappiamo poco di Pitagora storico, almeno per gli standard di conoscenza attuali, ma dobbiamo ritenere che la sua influenza sul pensiero antico sia stata determinante perché ha suggerito ai Greci di tener conto non solo della qualità, ma anche della quantità presente in tutte le cose. Fondamentale è stata l’idea che il numero non è solo dispari o pari, ma anche il dispari che diviene pari, e viceversa, con cui si rapporta il principio di identità a quello di esclusione. Nell’universo regna quindi il principio della metamorfosi al quale la scrittura pretende di opporsi, ma invano perché la fissità dell’alfabeto rappresenta una contraddizione dell’esistente. Il pensiero pitagorico è sottostante a tutti i movimenti filosofici della Grecia, anche a quelli che apparentemente sembrano i più distanti, come l’epicureismo; basterà vedere come Lucrezio ha trattato il problema della scrittura che riesce con la sola modifica dell’ordine di successione a creare un universo al pari degli atomi”.

Quali letture consiglierebbe a chi considera i classici come un qualcosa di “ammuffito” che non è al passo coi tempi moderni degli IPad e di Internet?

“Consiglierei di approfondire la figura di Archimede che è stato un possente mediatore di conoscenze scientifiche – preferisco usare questa definizione, per sottrarre la scienza al mito della scoperta individuale, che pure esiste – al quale la tradizione ha affidato il compito di rappresentare un paradigma di valori comportamentali e etici che sono supposti e immaginati essere appannaggio dello Scienziato, tanto da rivestire per più di duemila anni la funzione di simbolo, che include l’aneddoto antico e i fumetti contemporanei”.

Duccio Rossi


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