Una Firenze oscura, lontana da quella rinascimentale conosciuta dai turisti, è lo scenario in cui si dipana la trama del nuovo romanzo di Mario Spezi, “La moneta del potere ha sempre tre facce”, Barbera Editore. Ed è proprio la terza faccia del potere, quella più nascosta, che colpisce uccidendo una consigliera comunale di maggioranza e dando così avvio ad un nuovo caso per l’ispettore Belacqua. Alla presentazione del volume, nel salone dei Dugento in Palazzo Vecchio, c’erano , oltre all’autore, il presidente del consiglio comunale Eugenio Giani e i giornalisti Pier Francesco Listri e Gabriele Ametrano.
Il volume - “È un romanzo poliziesco, che si legge tutto d’un fiato e promuove Firenze perché la rende protagonista. Mario si conferma uno scrittore competente e un uomo di grande statura morale” ha detto Giani. Spezi è riuscito a fare quello che molti anni prima non era riuscito a fare Carlo Collodi: “centrotrent’anni fa Collodi prima di pubblicare Pinocchio provò a scrivere un libro sui misteri di Firenze –racconta Pier Francesco Listri-, ma a metà smise dicendo che era una città senza misteri, in cui tutti si conoscono. Adesso Spezi ci fa vedere che non è così”. Una città tutta particolare, dove anche le cose più turpi accadono in forme diverse da quelle consuete: “A Firenze ammazzano in maniera strana” dice l’autore nel romanzo. “Mario quando era giornalista era il più bravo di tutti nella cronaca nera –ha continuato Listri-. Il suo è un libro avvincente e crudo, che ci mostra una città capovolta rispetto al suo mito attraverso un’arte del narrare secca e visionaria, che ne fa quasi una sceneggiatura perfetta per un film”.
Le peculiarità del libro - Un giallo sui generis quello di Spezi, dove fin dalla prima pagina si conoscono la vittima e l’assassino del primo delitto. A indagare c’è lui, il commissario Belacqua, che Listri descrive così: “Romano, cafone per scelta e per protesta contro il perbenismo imperante. Semplice, pratico e ghiotto di sfoglie alla crema”. Un poliziotto tutto d’un pezzo, che dovrà confrontarsi con un mondo sempre più ingarbugliato di quello che sembra: “Il titolo del mio romanzo, La moneta del potere ha sempre tre facce, significa che la realtà non è solo bianca o nera, a volte può essere anche bianca e nera insieme” ha detto Mario Spezi incalzato dalle domande del giornalista del Corriere Fiorentino Gabriele Ametrano. “Nel romanzo il medico legale, parlando con Belacqua di uno strano delitto, gli dice che qualcuno ha ucciso il congiuntivo, che è il modo in cui si descrive il dubbio e l’ambiguità. Attenzione però, a Firenze il congiuntivo esiste ancora, perché i fiorentini sanno che la realtà è più complicata di quello che sembra. Così Belacqua, che per mestiere separa i buoni dai cattivi, si trova in difficoltà perché qui è difficile distinguerli”. Belacqua però è molto più di un commissario: “Mario mi ha detto che è il personaggio attraverso cui lui dice ciò che pensa” ha rivelato Ametrano. Fare il giornalista e fare il romanziere sono due cose diverse, e Spezi lo sa bene: “Il giornalista può scrivere solo delle cose dimostrabili, non basta che siano vere.
La "poetica" di Spezi - Lo scrittore invece può permettersi di raccontare la verità in modo diverso. Nel libro ci sono situazioni vere, che però non ho potuto raccontare da cronista perché non potevo dimostrarle”. Una storia tra fiction e realtà, quella di Spezi, dove una volta tanto è la prima ad essere al servizio della seconda, e non viceversa.
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