“Notizia oggi è memoria domani”. Parla Donatella Cherubini, docente di Storia del Giornalismo

il 10/05/2010 - Redazione

Il giornalismo racconta di momento in momento, ancor più che di giorno in giorno, i fatti e i commenti in un preciso luogo e in un preciso arco temporale. L’aspetto che esce però dal luogo e dal tempo è la sua funzione di archivio storico, memoria, fonte di approfondimento. Un aspetto che guarda per certi versi al futuro e che è innato nella stessa natura del giornalismo senza che questo, però, sia mai stato capace di prendere il sopravvento sull’immediatezza di una notizia. Chi questi aspetti li studia in qualità di contemporaneista e li insegna in qualità di professoressa universitaria a Siena è Donatella Cherubini, docente di Storia del Giornalismo. Con lei sienalibri ha cercato di capire come si intrecciano i destini di giornalismo e memoria.

Come è cambiato nel tempo il giornalismo nella sua funzione di fonte storica?
“Nell’insegnare la storia del giornalismo io tengo sempre presente due accezioni di questa definizione. Una è quella relativa alla storia delle singole testate, dell’impresa editoriale, del rapporto con il potere politico o economico, della legislazione in materia. Ma i giornali hanno anche un ruolo come fonti della storia contemporanea. Questo implica che a partire dall’età moderna accanto ai documenti d’archivio e alle fonti primarie i giornali diventano un riferimento fondamentale per la ricostruzione di un’epoca, di una società e dei loro protagonisti. Fino all’inizio di questo millennio il ruolo del giornalismo in tale ambito è rimasto lo stesso. Il giornale, specie il quotidiano, per questo motivo è stato visto dai sociologi della comunicazione e dagli storici come un elemento centrale per la formazione e lo sviluppo dell’opinione pubblica nazionale. Con l’avvento delle nuove tecnologie, di internet e dei fenomeni di globalizzazione tutto ciò è cambiato, sta cambiando e cambierà ulteriormente. La rapidità di diffusione delle notizie e la sempre maggiore difficoltà al consolidarsi della ricerca di un commento e di un approfondimento ha dato inizio ad un’epoca nuova intorno alla quale è apertissimo il dibattito sul piano internazionale”.
Quale è quindi secondo lei il futuro del giornalismo?
“Da almeno dieci anni compio un monitoraggio empirico e diretto coadiuvato da letture specifiche su questo fenomeno. Dare una risposta non è facile anche perché il tema coinvolge non solo la carta stampata ma anche i libri e le opere letterarie. Si va verso un ridimensionamento generale del ruolo della stampa a vantaggio di altre forme di conoscenza. Probabilmente una risposta a tale questione si trova nel rapporto tra forma e contenuto. Si può prevedere il trasferimento dei contenuti di tutto ciò che è cartaceo su strutture e canali interattivi e tecnologici”.
Quale deve essere la lettura storica che si deve dare a queste fonti?
“Sono obbligatori sempre due fattori da applicare. Il primo consiste nella consapevolezza delle caratteristiche del giornale che si utilizza come fonte, della sua linea editoriale, per saperne interpretare i contenuti in maniera adeguata e soprattutto più obiettiva. L’altro fattore è strettamente legato al precedente e consiste nell’integrare sempre le fonti periodiche con le altre fonti di letteratura, d’archivio o di testimonianze orali. Rimane però un elemento che distingue il giornale dalle altre fonti ed è quello dettato dalle informazioni, note di costume, testimonianze dell’attività culturale e civile in un certo luogo ed in un certo periodo storico. E’ questo elemento a rendere il giornale uno specchio della realtà in cui si colloca”.
Il giornalismo di oggi può rappresentare una memoria per il domani?
“Il dubbio è molto ampio e articolato. Nel tempo è cambiata anche la valutazione del ruolo di internet per la memoria. Se inizialmente la rapidità della diffusione delle notizie tramite internet sembrava un qualcosa di effimero, nel tempo invece si è consolidata la prerogativa della rete di contenere archivi e quindi memoria. Lo storico poi deve sempre porsi in una posizione esterna e con la capacità di interpretazione può salvaguardare davvero la memoria che i giornali ci lasciano”.

Cristian Lamorte 

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