“Non si legge più per informarci bensì per cercare conferme alle nostre idee”. Intervista a Giampaolo Simi

Bagno Vignoni il 06/09/2017 - di Riccardo Bruni
Un giornalista che si trova a investigare su un omicidio avvenuto ventitrè anni prima. E scopre che c’è un’altra verità, diversa da quella raccontata allora. Eppure Dario Corbo è stato uno di quelli che ha contribuito a raccontarla, quella verità, quando Nora Beckford venne accusata di aver ucciso Irene Calamai. Non solo. È proprio grazie a quegli articoli che la sua carriera di cronista di nera è stata lanciata verso il successo. Ma era tutto vero? Sembra di no. Per rendersene conto, però, Corbo deve aspettare ventitré anni, deve rimettersi a seguire quelle tracce lontano dai riflettori, da un mondo dell’informazione sempre più piegato al sensazionalismo, orientato sempre più a intrattenere e sempre meno a informare. Dopo “Cosa resta di noi”, il romanzo con il quale ha vinto il Premio Scerbanenco l’anno scorso, Giampaolo Simi, scrittore, sceneggiatore e giornalista, originario di Viareggio, torna in libreria con “La ragazza sbagliata” (Sellerio). E ci regala un’altra storia forte, dai toni cupi, che non risparmia niente ai suoi personaggi e al modo in cui questi rappresentano tutti noi. E viene da chiedersi, leggendo il libro, quanto davvero a volte ci interessi la verità. Quanto siano le informazioni a orientare le nostre idee e quanto invece siano le nostre idee a selezionare le informazioni che le confermano e le confortano. E poi c’è lo stile di Simi, la sua scrittura. Una voce che, mentre ti racconta la storia, riesce a parlarti di musica, di calcio, di cultura popolare e cultura alta in un flusso narrativo che non si interrompe mai. Cerchiamo quindi di farci guidare proprio da Simi nel dietro le quinte di questa sua nuova opera, partendo dal protagonista. 
 
Dario Corbo è stato un giornalista rampante negli anni Novanta, finito poi in disgrazia. Eppure, è proprio nel momento più basso della sua carriera, lontano da quel sensazionalismo che lo ha portato in prima pagina, che trova la verità. Per il personaggio suona come una rivalsa, ma per il giornalismo suona come una condanna pesante. È davvero così? 
“Non del tutto. Parrà strano, ma secondo me il sensazionalismo non l’hanno nemmeno inventato i giornalisti. Almeno, non da soli. Quando un sistema intero va a rotoli (perché il punto non è solo che chiudono i giornali, è che il mestiere stesso di informare viene disconosciuto, travolto e mandato in pezzi) è meglio cercare le responsabilità a trecentosessanta gradi”.
 
Sempre Corbo a un certo punto afferma che oggi il pubblico non cerca informazioni ma soltanto conferme ai propri pregiudizi. Eppure, continua a cercare la verità come se fosse la sua ossessione. Per quale motivo continua a farlo? Per il pubblico? O per se stesso?
“Appunto. Corbo punta il dito anche contro noi lettori che non leggiamo più per informarci ma per cercare conferme alle nostre idee, che in realtà sono pregiudizi. Corbo lo fa in un momento di grande amarezza ma una parte di ragione ce l’ha. E poi si mette a cercare la verità perché non ha più niente da perdere, niente da difendere. Non ha più un pubblico di lettori da rassicurare e accontentare, è libero”.
 
L’altro personaggio che resta impresso è sicuramente Nora, di cui Corbo ha scritto molto al tempo del processo che l’ha vista accusata dell’omicidio di Irene Calamai. Eppure, dopo tutti quegli articoli, quando Corbo la incontra di persona, vent’anni dopo, si rende conto che è profondamente diversa dalla Nora di cui ha scritto. Come se, in realtà, la Nora dei suoi articoli fosse stata un personaggio narrativo. Dove deve fermarsi la cronaca per evitare questo rischio?
“Innamorarsi di una storia è  quello che deve fare un narratore ma è quanto di peggio possa fare un giornalista, perché poi è inevitabile che vada a cercare solo riscontri utili a confermare la storia che ha scelto. Quello che vedo in questo momento non mi piace: troppi giornalisti che romanzano le notizie senza dare vere informazioni e scrittori che usano lo status di supplenti del giornalismo d’inchiesta per giustificare  certe sciatterie o camuffare debolezze strutturali”.
 
Tornando a Corbo, il protagonista del tuo ultimo libro, sembra di capire che sia piuttosto ostile al web, tu al contrario sei molto presente su internet, sia sul tuo blog sia su Facebook. Chi dei due ha ragione?
“Corbo non è davvero ostile al web. Certo, senza internet avrebbe ancora il suo lavoro, ma è anche capace di riconoscere che, con internet a disposizione, ventitrè anni prima avrebbe scritto meno stupidaggini. Io credo che internet sia uno strumento troppo potente che mette a dura prova le nostre capacità critiche (sempre che ne abbiamo, chiaro). L’equivoco di fondo lo possono capire proprio quelli come Corbo che sono cresciuti in un mondo senza internet ma erano abbastanza giovani da abbracciare il cambiamento epocale che la Rete ha rappresentato. L’equivoco, tragico, è che con internet si faccia prima a informarsi e non costi niente. È una balla. Su internet il 50% di informazioni su qualsiasi argomento è gratis perché è spazzatura, il 30% è superficiale, un 20% è approfondito e attendibile. Per trovare questo 20% io posso pagare qualcuno di cui mi fido (abbonandomi a un servizio svolto da giornalisti, per esempio) oppure farlo da me, da casa. Trent’anni fa mi ci sarebbero voluti alcuni giorni e diversi spostamenti, oggi poche ore. Ma sono sempre ore, non i minuti che impiegherei a leggere una fonte attendibile e ben documentata”.
 
Cosa, di certa cronaca nera, attira in modo così forte il pubblico? Cosa è avvenuto negli anni Novanta, quando delitti e indagini hanno iniziato a riempire sempre di più giornali e televisione? 
“A un certo punto si è capito che la cronaca nera era un veicolo straordinario di comunicazione politica. Scegliere come raccontare un delitto può influenzare enormemente le tue opinioni, mentre pensi soltanto di stare lì ad aspettare di sapere chi è il colpevole”.
 
Nei tuoi noir i protagonisti, coloro che cercano di ricostruire una verità negata, non sono mai investigatori “professionisti” ma sempre persone comuni che in qualche modo sono coinvolte nella storia. In questo libro è un giornalista, in “Cosa resta di noi” era il gestore di uno stabilimento balneare. Un po’ come nei classici di Cornell Woolrich o nei più recenti successi di Gillian Flynn o Paula Hawkins. Puoi dirci qualcosa al riguardo? Si può parlare di un genere nel genere?
“Recentemente qualcuno l’ha definito “family crime”, ma a me sembra l’evoluzione naturale del thriller psicologico che negli anni ‘30 del Novecento si affianca, proprio grazie a Woolrich, al noir e all’hard boiled di Chandler e Hammett. Un tipo di storie che ha poi trovato nel dopoguerra grandi autori in Francia, come per esempio Boileau e Narcejac. Senza dimenticare che un signore di nome Georges Simenon, quando non scriveva i romanzi con Maigret, raccontava magnificamente “neri familiari” della piccola, media o alta borghesia. Una tradizione che oggi vive in maniera vibrante in alcuni lavori di un grandissimo scrittore come Emmanuel Carrère, per esempio”.
 
Questo argomento si lega anche al problema dei progressi scientifici che rischiano di prendere il sopravvento e avere un ruolo più importante dell’acume del protagonista. Quanto le evoluzioni delle tecniche investigative, tra esami e laboratori che possono rivelare ogni dettaglio, hanno influenzato il modo di scrivere gialli? 
“Tanto. Al punto da rendere quasi impossibile raccontare un’indagine realistica basata solo sul ragionamento. Perché il ragionamento può essere corretto e plausibile, ma la prova scientifica è oggettiva. Io posso capire che la vittima conosceva il sospettato anche se quest’ultimo nega, ma lo posso dimostrare solo con un tabulato dove c’è scritto che si sono telefonati un tot di volte. Se l’assassino gioca a golf, un filo d’erba sulla scena del crimine può anche essere un bell’indizio, magari a Maigret bastava per convincerlo a confessare, oggi lo posso incastrare solo se trovo le tracce del suo DNA. Tutto questo, a mio parere, ha generato una crisi narrativa del modello poliziesco. O diventa una sfida su quel campo (killer con competenze tecnologico-informatiche altissime) o si torna al passato (non per niente il giallo storico gode di buona salute). Altrimenti si inventano storie in cui, per un motivo o per l’altro, gli investigatori istituzionali non ci sono. Hai citato la Flynn, che lo fa abbastanza bene, e la Hawkins, che secondo me lo fa in maniera molto modesta”.
 
Un dettaglio tecnico sui tuoi libri. In genere scegli di raccontare in prima persona, dando ogni volta voce al protagonista. C’è un motivo in particolare o semplicemente la voce del personaggio nasce insieme alla storia che racconta?
“La prima persona ravvicinata, quasi come una steadycam sulla spalla del protagonista, è un tratto caratteristico del noir che si adatta benissimo anche ad autori che indulgono ai toni del mélo come Woolrich. Per me significa dare la priorità al lato emozionale della storia”.
 
Sei uno dei pochi autori di noir che non hanno creato, nei loro romanzi, un personaggio seriale, figure che invece a quanto pare sono richiestissime dagli editori (poliziotti, investigatori privati, baristi). Hai mai pensato di scriverne uno? E perché il pubblico ama così tanto l’idea di ritrovare gli stessi personaggi in situazioni diverse?
“Un certo tipo di serialità ha fatto la fortuna del giallo ma secondo me è finita. Non sono più concepibili personaggi uguali a se stessi per anni in un mondo che cambia minuto per minuto. Sopravvivono, è vero, quelli già esistenti, ma temo che se vogliamo parlare a un pubblico più giovane, cresciuto con i modelli narrativi di 24,  The Wire o Breaking Bad, ci voglia altro”.
 
Info - Giampaolo Simi sarà ospite sabato 23 settembre alle 18.30 della manifestazione “I colori del libro” che si svolgerà a Bagno Vignoni.
 
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Riccardo Bruni

nato a Orbetello, Riccardo Bruni vive a Siena. Giornalista e scrittore, nel 2010 con Nessun dolore ha vinto la prima edizione del torneo letterario IoScrittore. Nel 2013 il suo romanzo Zona d’ombra è diventato un importante caso letterario, scalando le classifiche di Amazon. Nel 2016 La notte delle falene, primo romanzo pubblicato con Amazon Publishing, è stato candidato... Vai alla scheda autore >

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