Miss Uragano. In un libro la storia di Jessie White Mario, la Giovanna D'Arco del nostro Risorgimento

il 03/02/2011 - Redazione

Innamorata pazza di Garibaldi. Tanto da annotare nel suo taccuino: Eccomi qui, amore mio, metà della mia anima, io amo te e il tuo paese è il mio. La tua patria è la mia unica patria. Ritornerò. Una patriota esaltata? La protagonista di un episodio piccante nella vita del biondo "eroe dei due mondi"? Lei è Jessie White, eroina e giornalista inglese, la cui vita tumultuosa e appassionata è rimasta come quelle di tante, troppe donne del nostro Risorgimento finora sepolte in archivi polverosi. Dimenticata dalla storia, eppure con lapide su via Romana, dove ebbe dimora:Jessie White-Mario, inglese per nascita/ per anima e opere italiana/consolatrice dei feriti sui campi di battaglia/ storiografa dell'apostolato mazziniano e dell' epoca garibaldina. Jessie White Mario o Jessie Mario, dal cognome del marito, anche lui protagonista delle stessa stagione e grande pensatore del federalismo, era nata a Portsmouth nel 1832, ed è morta a Firenze nel 1906 dove ha vissuto dal 1860 al ' 70 e poi, dopo la morte del marito, ha consumato la sua lunga, orgogliosa e indigente vecchiaia, rifiutando aiuti e insegnando inglese pagata pochissimo alle studentesse del collegio di Poggio Imperiale.

Miss Uragano - Soprannominata Miss Uragano come il titolo del libro di Paolo Ciampi (pubblicato da Romano Editore) in cui ricostruisce la complessa storia di colei che lo stesso Mazzini aveva chiamato la "Giovanna D' Arco" del nostro Risorgimento. Fu infermiera in tutte le campagne di Garibaldi, fece ricerche sulle condizioni di vita nei quartieri più poveri di Napoli, dei minatori delle solfatare siciliane, fu la prima donna giornalista "inviata sul fronte di guerra in Italia", ed anche la prima a sollevare la questione meridionale, invitata da Pasquale Villari ad andare a vedere e consumare scarpe sul campo. Un' antesignana, figlia di ricchi armatori inglesi, studente di filosofia a Parigi tra il 1852 ed il 1854, dove conobbe Emma Roberts, "fidanzata" di Garibaldi che gli presentò l' eroe. Un incontro che segnò una svolta nella vita di Jessie che decise di dedicare se stessa alla causa dell' unificazione italiana. Nel 1855 a Londra conosce l' esiliato Mazzini, raccogli fondi per la sua causa, scrive articoli sulla situazione italiana. Sposato Alberto Mario, vaa New York, fa comizi agli operai, inchioda ricchi mercanti e aristocratici per finanziare la causa italiana. Un personaggio da romanzo - osserva Paolo Ciampi - E' impensabile il ruolo pubblico che svolse allora. Perché questa rimozione? È la rimozione delle donne dal Risorgimento, operata anche dai macchiaioli che le ritrassero o a cucire il tricolore o a salutare i volontari perché mogli e mamme. Invece sono state donne come lei che hanno fatto l'Italia.

Il soggiorno fiorentino di Jessie White - A Firenze visse prima a Bellosguardo, dove un lapide ricorda solo il marito, poi da vedova in via Romana. Ma è nella casa di Bellosguardo che passarono Mazzini, Garibaldi, Cattaneo e tutto lo stato maggiore dei garibaldini - aggiunge Ciampi - Inoltre quando Garibaldi fu ferito ad Aspromonte, fu lo Zannetti di Santa Maria Nuova ad estrarre la pallottola più famosa della storia all' Hotel Pace di Pisa. Tutti ricordano Zannetti, ma c' era lei a tenere la mano a Garibaldi. Miss Uragano che quando il re arriva a Firenze nel 1865 tra ali di folla festante in via Tornabuoni, seduta al caffè Doney, si scaraventa in strada e gli grida "Traditore!": fu arrestata ma era tanto il rispetto che avevano per lei che fu rilasciata subito. Che volete, è Jessie White, bisogna prenderla com' è commentò un poliziotto. Ed è sempre lei che povera e vecchia, caccia a calci i due funzionari del ministro Francesco Crispi spediti a offrirle un vitalizio: Non voglio nulla, ho costruito l' Italia perché ci credevo, non voglio l' elemosina. Al suo funerale, il 5 marzo del 1906 ci fu un lungo corteo di mazziniani, garibaldini, socialisti di Firenze. Le sue spoglie sono tumulate al cimitero di Lendinara accanto al marito Alberto Mario.

Mara Amorevoli 
Articolo pubblicato su La Repubblica Firenze del 12 dicembre 2010

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