La sua carriera è iniziata nel 1983, quando ebbe modo di esibirsi a Firenze; ancora adesso qualcuno ricorda la sua imitazione di Papa Wojtyla su Tele Libera. Dai piccoli palchi alla televisione e alla radio, Gaetano Gennai da quel momento non si è più fermato: Domenica In, I Raccomandati, Quelli che il calcio, sono solo alcune delle trasmissioni a cui ha preso parte. Gennai ha sentito l’esigenza di tradurre la sua vena comica anche su pagina, ed ecco il suo “manuale” pubblicato da Romano Editore dal titolo.
Il suo libro si intitola “IGennai. Manuale per ridere”. Di cosa?
“Della vita! Ricordate? Una risata ci seppellirà e di questo passo è già tanto. Nel senso, meglio finire seppelliti da una risata che da una manovra, non me ne voglia Monti”.
Funziona sempre il contrasto di opinioni fra uomini e donne per costruire una gag?
“Non sempre. Con mia moglie il contrasto un tempo era assai costruttivo, da quando si è iscritta ad un corso di autodifesa si è trasformato da costruttivo in distruttivo”.
Nel libro si trovano elementi del suo repertorio oppure è roba inedita?
“Direi un misto. Poi è diverso il modo in cui la battuta si propone. Scrivere è molto più difficile che recitare; recitare ti permette di impiegare la comunicazione verbale, non verbale e parafernale. Nel libro non hai espressioni, non hai mimica, non hai ammiccamenti”.
A suo parere esiste ancora una “scuola” di comici toscani?
“No. Mai esistita. C'è stata una corrente Pratese, con Benigni, Nuti. Una corrente Fiorentina, con Pieraccioni, Panariello. Una corrente Livornese, con Migone, Marmugi. Una corrente di geni volti al male, come Cambi e Ceccherini. Insomma più che una scuola, tante correnti, una sorta di Anticiclone delle Azzorre”.
Lei ha lavorato sia in radio che televisione, quale preferisce per dar fondo alle sue battute?
“La televisione ti permette di impiegare il linguaggio della comunicazione, come dicevo prima. La radio ti offre solo, si fa per dire, il verbale e il paraverbale. Se va via l'audio in tv fai il mimo, se va via alla radio la gente pensa che si sia rotto l'apparecchio e lo spegne”.
La battuta che ha sentito fare ad un suo collega e che avrebbe voluto elaborare lei?
“Fra gli italiani, direi Massimo Troisi in "Non ci resta che piangere" quando gli dicono per tre volte "Ricordati che devo morire" e lui risponde "Mo' me lo segno, così non me lo scordo!". Tra gli stranieri il grande Allen, che alla domanda "Lei crede in Dio?" rispose candidamente "Io sì, è Lui che non crede in me!"”.
Quando si sente triste cosa fa per tirarsi su?
“Mangio la Nutella, ma se non si può fare pubblicità scriva che bevo la Coca Cola...”
Valerio Cattano
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