"Ho scritto questo libro perché volevo parlare di ciò che, secondo me, dà o può dare significato all’esistenza dell’uomo: i legami di sangue, l’amicizia, l’amore, la memoria dei cari defunti, Dio, la bellezza, la poesia, la compassione per la fragilità". Così Francesco Ricci spiega la nascita del volume “Madri e fratelli” (Nuova Immagine Editrice) che costituisce l’ultimo capitolo dell’ideale trilogia d’autore iniziata nel 2016 con “Pier Paolo, un figlio, un fratello” e proseguita nel 2019 con “Elsa. Le prigioni delle donne”. Il volume verrà presentato venerdì 20 gennaio alle ore 18 a Siena, nell’ambito del programma dell’Orto Letterario, Area verde Camollia 85 (Polo civile Tribunale, ingresso da via del Romitorio 4). Dialoga con l’autore Raffaele Ascheri, direttore della Biblioteca Comunale degli Intronati.

Il volume - Se in “Pier Paolo, un figlio un fratello” e in “Elsa. Le prigioni delle donne” a venire incontro al lettore era sin da subito il personaggio-monologante, vale a dire Pasolini e la Morante, in “Madri e figli” è del tutto assente il riferimento a una figura di rilievo della cultura italiana novecentesca. Una differenza, questa, di non poco conto, se è vero che lascia trasparire la natura maggiormente romanzesca dell’opera, dove la base documentaria è certamente forte e significativa, ma il campo della manzoniana “invenzione” rivendica per sé e consegue un deciso allargamento. Ecco, quindi, che le parole che vengono scambiate in un mite pomeriggio romano del settembre 1956 dai tre protagonisti del romanzo, dietro i quali è facile riconoscere Carlo Emilio Gadda, Alberto Moravia, Pier Paolo Pasolini, diventano per l’autore l’occasione per riflettere intorno a questioni che sono state sì centrali nell’esistenza dei tre scrittori, ma che lo sono altrettanto per Ricci e per ciascuno di noi: la famiglia, l’amicizia, l’amore, la morte, il male, la giovinezza, la bellezza, la cultura, il senso del nostro essere nel mondo.