Le sfumature di un carattere nel pennello. Intervista a Giulia Redi, giovane illustratrice senese

il 14/06/2010 - Redazione

Disegnare è come parlare. Io non parlo molto, quindi il disegno diventa un’esigenza per farmi capire. Penso che bastino queste pochissime parole per scoprire l’arte e la personalità di Giulia Redi, giovane artista senese che collabora con la Betti Editrice come grafica e illustratrice. I suoi grandi occhi e il suo silenzio quando lavora ti fanno subito capire che hai davanti una persona con un grande talento che piano piano sta venendo fuori. La sua sensibilità, che si ritrova nei tratti e nelle linee dei suoi lavori, la sua delicatezza, che si concretizza nei colori e nelle sfumature che usa, sono sicuramente gli strumenti per riuscire ad avvicinarsi al suo mondo e alla sua creatività.
Come è nata la tua passione per l’arte e qual è stata la tua formazione?
“La mia passione per l’arte credo sia nata per evoluzione. Ho tantissimi disegni di quando ero piccola, di quelli incomprensibili che vorrebbero esprimere ciò che vedi o ciò che vorresti vedere. Poi per un periodo la documentazione si interrompe, probabilmente ero troppo piccola per accettare che qualcuno mi imponesse cosa disegnare. L’”Arte” è diventata un peso. Quando invece ho capito che le indicazioni degli altri potevano essere niente più che uno spunto, un input per cominciare a “dire la mia”, non mi sono più fermata. Così ho deciso di iscrivermi all’Istituto d’Arte di Siena. La tappa successiva è stata l’ISIA di Firenze dove ho potuto utilizzare la mia arte in maniera quasi scientifica “applicandola” in numerosi campi della progettazione vera e propria. Insomma, da quando ho capito che tramite l’arte sarei stata un pochino più libera di chi l’arte non ce l’ha, non l’ho più lasciata”.
Come riesci a legare il tuo interesse per il disegno e quello per la grafica?
“All’inizio è stato difficile perché, per paura di confondere arte e lavoro, tendevo a separare le due cose. Una gran fatica. Poi, per esigenze pratiche, disegno e grafica hanno cominciato a fondersi e ho scoperto il lato divertente del lavoro”.
Come nascono le tue illustrazioni e qual è la tua “fonte di ispirazione”?
“Spesso le illustrazioni nascono come un testo: un’idea di base, una grande documentazione, una serie di stesure intermedie e correzioni e il testo definitivo, dato in gran parte dall’approssimarsi ad una scadenza giunti alla quale si ha sempre la sensazione di non aver fatto tutto il possibile. Tutto è fonte di ispirazione, dalle cose che vedo ogni giorno dalle quali ormai sono annoiata al comportamento di una persona sconosciuta, da un libro di fisica alla copertina del libro che leggevo quando ero piccola. Tutto ciò che è osservabile diventa ispirazione, come l’inosservabile, il buio. Anche dormire è una gran fatica”. Visto che collabori con una casa editrice, come riesci a dare vita ai personaggi di un libro piuttosto che ad una copertina?
“Il metodo unico credo sia quello di conoscere prima di fare qualsiasi cosa. Quindi, leggo bene il libro da illustrare, conosco i personaggi, me li faccio amici o nemici, partecipo alla storia e poi, come un’osservatrice interna, documento gli avvenimenti, faccio delle fotografie dei momenti salienti in modo che anche gli altri possano capire. Per le copertine è un po’ diverso ma alla base c’è sempre la conoscenza di ciò che c’è sotto, nel vero senso della parola”.Fai molte bozze prima di trovare l’immagine giusta?
“Se il tempo a disposizione lo concede si, tantissime. Colpa del mio perfezionismo e dei professori”.
Cosa ti piace disegnare di più?
“Che domanda difficile. Mi piace disegnare gli altri. Non intendo fisicamente ma ciò che percepisco essere dentro gli altri. Spesso fingo che sia mio”.

M.S.

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