La tragedia greca al Teatro dei Rozzi di Siena con “La Medea” in scena il 13 aprile

il 11/04/2011 - Redazione

La tragedia greca riesce ancora a parlare al pubblico dei nostri giorni? Per quale motivo vengono ancora portati in scena spettacoli scritti più di duemila anni fa? Alessandro Biotti, insegnante di Lettere presso il Liceo Classico A. Volta di Colle di Val d’Elsa e regista de La Medea che andrà in scena al Teatro dei Rozzi mercoledì 13 aprile (ore 21.15), ci spiega il valore intramontabile del teatro greco. Una tragedia, la Medea, scritta da Euripide, il tragediografo che forse più di altri analizzò il sentimento e la psicologia dell’essere umano.

Attualità della tragedia greca - Oggi si continua a vedere e a rappresentare la tragedia greca - spiega il regista Alessandro Biotti - perché è uno spettacolo che non dà risposte ma pone domande, e questo permette di lasciare aperte problematiche davanti alle quali è giusto non smettere mai di interrogarsi. Riguardo alla capacità della società contemporanea di porsi interrogativi sull’essere umano e sull’esistenza, cosa che i greci facevano per mezzo della tragedia, possiamo dire, tentando di citare la Medea di Pasolini, che la società di oggi ha perso il senso della contemplazione e della meraviglia, e l'uomo ha perso la sua interezza, perché siamo passati alla conoscenza, che tutto ha frantumato; solo i bambini sanno contemplare e stupirsi, e quindi essere totali. Ma oggi dove sono i bambini? Oggi dov'è la percezione totale del reale?

Il senso dello spettacoloLo spettacolo che verrà rappresentato al Teatro dei Rozzi - sottolinea sempre Biotti - sarà una messa in scena in chiave moderna, tesa ad approfondire l’incomunicabilità tra donna (Medea) e uomo (Giasone); a porre in primo piano l’incompatibilità di strutture mentali organizzate in percorsi e logiche diverse: Giasone non riesce neppure ad intuire il dolore di Medea, perché a lui sono estranee le dinamiche emotive che agitano una donna. Medea è personaggio che esiste solo nella crisi e il punto cruciale di questa crisi consiste nell’infelicità di moglie tradita e abbandonata da un marito in cerca solo di benessere e successo. Quando poi Medea decide di vendicarsi uccidendo i figli per non negare se stessa e annullare la propria identità di persona, l’infelicità consiste nella presa di coscienza di essere carnefice e vittima.

Un personaggio ambivalente - Medea è personaggio infernale ed umanissimo - conclude il regista -; un personaggio che si oppone a chi, ottuso nelle proprie convinzioni, non si sforza di comprendere il diverso. Medea uccide i propri figli eppure li ama: ma è amore o troppo amore di sé? Medea continua a mettere a dura prova non solo la sensibilità, ma soprattutto l’intelligenza e la cultura del pubblico di ieri e di oggi.

Duccio Rossi

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