“La tela del ragno”, il 5 ottobre si svela ad Arezzo la storia di Anton Maria Fossombroni

il 03/10/2013 - Redazione

Un libro che ricostruisce, con scrittura agile e appassionata, la vicenda umana e artistica del primogenito del conte Giacinto Fossombroni, Anton Maria, fratello del ben noto uomo politico e scienziato Vittorio. È “La tela del ragno” (Edizioni Effigi), il volume scritto da Elisabetta Magnelli Fossombroni che verrà presentato sabato 5 ottobre alle ore 17 ad Arezzo, nel Salone delle Feste del Circolo Artistico. All’incontro, coordinato da Antonella di Tommaso, interverranno l’autrice, Marco Baglioni dell’Accademia Chigiana e l’editore Mario Papalini.

La pubblicazione - L’autrice, erede del casato Fossombroni, riaccende l’attenzione e l’interesse su una figura la cui biografia, all’epoca dei fatti, per le sue scelte non condivise dal padre, fu ignorata nella storia di famiglia perché ritenuta, secondo i canoni ottocenteschi, un elemento di disonore. Solo di recente, grazie ad un epistolario rinvenuto in una delle residenze di campagna appartenuta ai Fossombroni, è stato possibile ricostruire gli ultimi mesi di vita di Anton Maria fuggito dalla famiglia e da Arezzo per assecondare la sua vocazione artistica: aveva infatti studiato musica e canto, suonava molto bene il cembalo ed il violino e conquistò una discreta fama come compositore e tenore. Tra amori, fughe e duelli si dipana una storia intensa che, a metà tra realtà e fantasia, consegna uno spaccato di società nella quale iniziano a comparire le prime crepe e dove di lì a poco il fuoco della Rivoluzione infiammerà l’intera Europa.

La storia - Anton Maria era il primogenito di una delle più ricche e potenti famiglie aretine e con il maggiorascato sarebbe diventato uno degli uomini più in vista, ma a soli 26 anni, il 4 luglio 1776, fuggì dalla casa paterna lasciando dietro di sé alcuni debiti di gioco e si rese irreperibile per cinque anni. Dopo la fuga da Arezzo visse a Venezia cantando nei teatri dell’opera sotto la falsa identità di Giorgio Crinazzi di Perugia. Qui conobbe e frequentò Casanova. Successivamente si trasferì a Trieste dove si guadagnò da vivere insegnando musica alla moglie del console russo, il conte Voinovich. E, in questa città, ebbe un prestigioso e remunerato incarico come direttore artistico del Teatro San Pietro. L’anno prima della morte, avvenuta nel 1782, si trasferì a Vienna dove, benché già ammalato, si guadagnò da vivere insegnando canto alle figlie di un noto medico sostituendo Antonio Salieri. Durante il soggiorno austriaco ebbe anche modo di esibirsi come tenore nell’orchestra di Haydn e di farsi apprezzare come compositore sia da Salieri che da Gluck oltre che da Metastasio. Nell’ultimo anno di vita riallacciò i contatti con il padre il quale istaurò una fitta corrispondenza. Morì il 31 dicembre del 1782 e fu sepolto con il falso nome di Giorgio Crinazzi nella cattedrale di Santo Stefano a Vienna. Il fil rouge della storia è la fuga che, seppur apparentemente riuscita, è ammantata da un alone di mistero che perseguita Anton Maria. Sembra infatti lui sia una sorta di sorvegliato speciale e che tutto ciò che gli capita, compresi gli incarichi di lavoro, siano pilotati da una regia occulta che non tarderà a mostrarsi e a chiedergli il conto.

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