“La scrittura è un antidoto al caos”. Intervista a Duccio Demetrio della Libera Università dell’Autobiografia

Anghiari il 15/06/2017 - di Serena Bedini
Anghiari diventa ancora una volta teatro del Festival dell’Autobiografia, giunto alla sua settima edizione, che si svolgerà quest’anno dall’1 al 3 settembre. Un’occasione per riflettere sul grande valore curativo e introspettivo che riveste il racconto del sé e per ascoltare personaggi di grande rilievo tra cui Mauro Covacich, Alberto Rollo, Gianumberto Accinelli e tanti altri. Abbiamo intervistato Duccio Demetrio, fondatore della Libera Università dell’Autobiografia di Anghiari, direttore del Festival, giornalista e autore di Green Autobiography (Book Salad, 2015).
 
Il Festival dell’Autobiografia affronta quest’anno il tema del “Luogo”: per l’essere umano quanto è importante il radicamento a un luogo in un mondo come quello di oggi che vive per lo più nel “non-luogo” della Rete?
“Benché oggi i luoghi della vita siano divenuti molteplici, ne esistono alcuni, in particolare quelli dell’infanzia, che sono indimenticabili perché d’affezione alle prime esperienze di incontro con la vita come sentire, camminare, parlare, giocare. Poi ci sono i luoghi della nostra crescita e iniziazione alla vita giovanile e adulta, ad esempio i viaggi. Connessi a momenti di sperimentazione, esperienza, amore. Diceva Cesare Pavese che un “paese non è essere soli” (ma anche un quartiere, una strada): ed è vero, se non possiamo più tornarvi ci resta indelebile nella memoria. Quindi scrivere dei luoghi della vita, significa ricostruire la propria storia, uscire dal mondo immateriale della virtualità per riscoprire i “dove” nei quali la nostra coscienza e sensibilità hanno messo radici. Questi incontri con la memoria, senza dimenticare i luoghi concreti e vitali del presente (che saranno in futuro altrettanti ricordi se li avremo emotivamente abitati) dove viviamo, lavoriamo, mettiamo su famiglia, o viceversa, frequentiamo di sfuggita all’insegna di un continuo vagabondare, saranno perciò il tema del festival. Senza trascurare i luoghi a-spaziali: che non sono i non luoghi alla Augé. Sono le nostre geografie mentali, interiori, affettive”.
 
Vari sono i luoghi che verranno trattati all’interno del Festival dell’Autobiografia: come si articolano le giornate del Festival?
“Saranno tre giornate intense (dall’1 al 3 settembre con inizio il venerdì pomeriggio e chiusura la domenica alle 18) dedicate a tavole rotonde con importanti studiosi sulla letteratura autobiografica, sul paesaggio, sul rapporto realtà e finzione nella scrittura. Oltre a questi momenti di ascolto, fino a notte inoltrata daremo vita a laboratori di scrittura dedicati alle storie scritte di luoghi specifici: la montagna, la campagna, il viaggio, ecc. Il sabato saranno presenti invece biografi e autori che hanno raccontato la città, la miniera, il cammino.Nel pomeriggio, come ogni anno, i partecipanti nelle piazzette, nei palazzi, nei caffè del borgo medioevale di Anghiari sceglieranno i gruppi di ascolto di biografi e autobiografi ai quali partecipare. Per approfondire le applicazioni dei metodi della scrittura di sé. Dopo cena in teatro assisteremo a uno spettacolo dedicato al poeta Dino Campana che scrisse in poesia la sua storia legata ai luoghi della sua Romagna tra felicità e incontri con il sublime. La domenica invece ci sarà il conferimento Premio Città dell’Autobiografia a Maurizio Maggiani per “La zecca e al rosa” e il conferimento del diploma Ad honorem in econarrazione a Franco Arminio, scrittore e paesologo per il suo impegno civile e culturale in difesa dei territori. La chiusura è affidata a Paola Gassman che presenta la sua autobiografia “Una grande famiglia alle spalle”.
 
Ci sarà anche un noto entomologo, Gianumberto Accinelli, che parlerà ai bambini delle “case” degli insetti, un modo insolito, ma molto originale per avvicinare i più piccoli all’autobiografia. Come si svolgerà l’incontro?
“Conoscendo il lavoro eccezionale di Accinelli, non ho dubbi che susciterà grande interesse non soltanto tra le bambine e i bambini. La sua ricerca e la sua capacità divulgativa ha ormai adottato il metodo narrativo. Pertanto sa trasformare la descrizione scientifica in racconti appassionanti dedicati alla vita degli insetti. In particolare delle api e delle farfalle. Alla esplorazione delle loro molteplici case”.

La scrittura del sé è formalmente iniziata in Italia con la “Vita di Vittorio Alfieri da Asti scritta da esso” pubblicata nel 1806, molto tardi quindi rispetto ad altre letterature, per esempio quella francese. Eppure sembra che la letteratura italiana, da quel momento in poi, sia sempre stata caratterizzata da una vasta produzione autobiografica. Qual è a suo avviso il motivo di questa necessità di “raccontarsi”.
“Per la verità il genere autobiografico nella penisola nasce molto ma molto prima del celebre testo dell’Alfieri. Come non ricordare Sant’Agostino con le sue “Confessioni”? Nella letteratura latina (penso ai Tristia di Ovidio) i diari, le cronache, i memoriali, gli epistolari erano già molto diffusi, quindi agli scritti del medioevo (persino San Francesco lo fu), a Dante, a Petrarca, al Machiavelli, ecc. Infatti dobbiamo considerare che l’autobiografia è soltanto un tipo particolare di scrittura di sé. Certo il più completo e interessante. Quindi la necessità di raccontarsi con la penna tra le dita è un bisogno umano – che ha naturalmente sempre favorito le aristocrazie alfabete – di difesa della memoria personale, di comunicazione, di lasciare ad altri la testimonianza della propria vicenda. Così come non possiamo dimenticare che scrivere in prima persona offre benessere, lenisce ferite del corpo e dell’animo. Scriviamo perché sentiamo così di ritrovarci o di riscoprire chi siamo nelle situazioni nelle quali ci sentiamo disorientati, privi di luoghi affettivi e fisici. La scrittura, insomma, può essere un antidoto al caos, perché ci offre mappe mentali e autostima”.
 
Dottor Demetrio, lei ha detto: “La scrittura di sé non soltanto evoca i luoghi della nostra memoria. La scrittura è essa stessa luogo”. Perché la scrittura può essere considerata di per sé un luogo?
“Rientra nella tipologia, come già sottolineato, dei luoghi strettamente personali e intimi. Ciascuno di noi per il fatto che è dotato di un corpo è un luogo semovente; se poi abbiamo coltivato il nostro mondo interiore soprattutto scrivendo le nostre emozioni, i ricordi, il presente in corso ricorrendo al diario, è impossibile non percepire che oltre alla nostra corporeità abbiamo una seconda vita parallela. Nella quale ci rifugiamo nei momenti di sconforto o di riflessione. Non solo ci dirigiamo verso una molteplicità di luoghi secondo mobilità e orizzontalità. Quando pensiamo a noi stessi, e ancora una volta la scrittura può essere la nostra guida, non facciamo altro che ribadire la nostra esistenza e quella parte di noi (pur sempre un luogo) che sempre sarà invisibile agli altri. La scrittura ci consentirà di rivelare di noi quanto siamo disponibili a raccontare, tuttavia, qualcosa di incomunicabile – ignoto a noi stessi – ci renderà assolutamente unici. Ci sono luoghi insondabili e noi ne siamo i primi portatori e rappresentanti. La scrittura ci aiuta a rivelarci e a nasconderci”.
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Serena Bedini

È nata a Firenze nel 1978; si è laureata con 110/110 e lode in Filologia Moderna nel 2005 presso l’Università degli Studi di Firenze. È scrittrice, giornalista, docente. Maggiori informazioni su di lei sono reperibili su www.serenabedini.it.   Vai alla scheda autore >

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