Venerdì 16 febbraio alle ore 21 a Porcari, nel Palazzo di Vetro, nell’ambito degli eventi “Incontri al cubo”, si terrà la presentazione del saggio di Giampiero Della Nina “Giacomo Puccini, familiari, amici, amori”. L’evento, promosso dalla Fondazione Giuseppe Lazzareschi con il coinvolgimento di Tralerighe libri editore, sarà presentato da Andrea Giannasi.
L’autore scavando nelle tante lettere inviate dal compositore lucchese ha ricostruito i rapporti con i familiari, con gli amici e con le donne che Puccini ha amato. Dai rapporti con la scuola del giovane studente: “…viene a scuola solo per consumare il fondo dei calzoni: non sta attento a niente bussa continuamente sul banco come se fosse un piano. Non legge mai un libro” fino al rapporto con Lucca, la sua città natale: “Altre cosette che avrebbero dovuto fare i miei concittadini. Niente di niente. Ma se crepo, ti prego di opporti a qualunque ricordo volessero farmi. Stasera sono amaro come il veleno”, tanti sono gli aneddoti e i fatti che hanno visto coinvolto Puccini.
Come quando Giacomo in gioventù fu protagonista anche di scherzi che lo misero nei guai come quando con Giuseppe Papeschi, detto “Zizzania”, simulò la morte per impiccagione di quest’ultimo. Zizzania era noto a Lucca per combinarne di cotte e di crude. Una mattina un gruppetto di persone si era fermato davanti all’abitazione di Zizzania, perché, nello scantinato, pendeva dal soffitto un impiccato. Nessun dubbio: era Zizzania. La voce della sua morte correva in lungo ed in largo per la città. La Polizia a fatica abbatté la porta e trovò un fantoccio, proprio mentre il Papeschi si affacciava alla finestra del primo piano, con un bel cartello, che recava la scritta: “1° aprile”. Zizzania fu denunciato per simulazione di suicidio e Giacomo Puccini per favoreggiamento. Entrambi finirono in Tribunale.
O la storia del fratello Michele che morì per febbre gialla a 27 anni in Argentina in un paese sperduto dopo essere fuggito da Jujui per una storia d’amore. Il fratello di Giacomo aveva perso la testa per una sua allieva, la quale, però era sposata con un personaggio molto influente in paese, peraltro suo amico. Scoperta la tresca ci fu un duello nel quale, il marito di lei, fu colpito ad una spalla e cadde come morto. A Michele non restò che scappare per non incorrere nella vendetta. O la storia figlio Antonio, che nel 1918, nel corso di una licenza che gli era stata concessa dal servizio militare durante la Prima guerra mondiale, si innamorò perdutamente di una ragazza, descritta come “una poco di buono” e deluso di essere (forse) respinto, tentò il suicidio bevendo laudano. Due anni più tardi (non è chiaro se si trattasse della stessa “malafemmina” o di altra nuova conquista) pensò di sposarsi, contrariamente al volere del padre, ma non riuscì nell’intento perché la ragazza morì.
Nel lungo libro ancora l’amicizia con Alfredo Caselli, la storia dell’amico sfortunato Alfredo Catalani, il rapporto con il “pretino” don Pietro Panichelli, il bisbestia Ruggero Leoncavallo. E poi ancora l’amico Ferruccio Pagni, pittore, e tra gli artefici del Club Bohème nella sua amata Torre del Lago e dei suoi amici: “…del mio caro Torre del Lago! Dimmi se c'è caccia, chi ammazza di più; se il marchese Ginori ha fatto mai l'apertura e se ora si trova costì. Se il Selmi è andato via, se Cecco-Pateta è venuto, se si ricorda più dell'uomo serpente (dio medesimo, ti tronco), se Giovannino è andato ancora in America, se c'è caldo, (qui si crepa, dio zebedeo, credo che peggior moccolo non potevo trovarlo) se il sor Eugenio sta bene e così la sor' Ida, se la capitozza di Boccia è all'asciutto, se Ghigo trema sempre, se Làppore è a piede libero, se il sor Giovanni è mai arrivato a Ferracci, se l'elettore porta sempre il cappello, se i ragazzi incheccano, se Lello finisce tutti i barbagianni, se tu lavori, se i sigg. Muller sono sempre costì”. E tra gli amici Giovanni Pascoli, Arturo Toscanini, Gabriele D’Annunzio.
Infine le donne. Elvira Bonturi, il primo amore, che per via della gelosia somministrava nel caffè di Giacomo anafrodisiaci ogni qual volta che ospite era una donna. Oppure Corinna Maggia, la bella torinese, che una volta lasciata minacciò di citare Puccini in giudizio e pubblicare tutte le lettere d’amore che in quasi quattro anni si erano scambiate: la minaccia era veramente seria e da non sottovalutare perché, per fatti del genere, si andava in carcere. Questo amore sfumato costò 20.000 lire al compositore come risarcimento. E ancora Giulia Manfredi la ragazza del lago, e poi Salomea Kruscniski, una delle più grandi artiste dell’Ucraina, alla quale è dedicato il teatro di Leopoli. Puccini incontrò anche Lina Cavalieri la donna più bella del mondo, che interpretò Mimì a New York riscuotendo un grande successo. Importante fu l’amore con Josephine Von Stangel, nata Damboer: era alta, dolce, colta, ottima pianista ed amante della bella musica. Nel 1913 scoperto il rapporto tra i due il marito chiese il divorzio e sfidò a duello Puccini, che da pacifista declinò l’invito. La relazione andò avanti e mise nei guai il compositore che nel 1916 in piena guerra venne fermato alla frontiera tra Italia e Svizzera. I servizi segreti pare lo avessero segnalato come spia e interrogato dovette discolparsi con una famosa frase che con tanti altri aneddoti e fatti si trovano in un libro che per la prima volta aiuta a capire Giacomo Puccini uomo e non solo grande compositore.
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