La luce marina di Moses Levy risplende a Firenze, fino al 15 febbraio in mostra 40 dipinti dedicati a Viareggio

il 30/10/2014 - Redazione

La luce marina di Moses Levy risplende a Villa Bardini. Esiste un forte legame tra l’artista di origine tunisina e Firenze ed è per questo che, forte del successo riscosso a Viareggio, la mostra “Moses Levy. Luce marina. Una vicenda dell’arte italiana 1915-1935” si trasferisce, dal 30 ottobre al 15 febbraio, nella villa sui colli fiorentini per iniziativa della Fondazione Parchi Monumentali Bardini e Peyron dell’Ente Cassa di Risparmio di Firenze oltreché della Fondazione Matteucci per l’Arte moderna di Viareggio che ha maturato l’idea della rassegna. Le due importanti istituzioni perseguono la stessa politica di promozione culturale sull’asse che unisce il capoluogo toscano alla Versilia, sia idealmente per affinità culturale, sia dal punto di vista filologico per l’approfondimento dell’Otto-Novecento che accomuna i due centri espositivi.

La mostra - Attraverso una quarantina di opere si rinnova l’intenso legame che, sin da giovanissimo, Moses Levy strinse con l’ambiente artistico fiorentino. Un rapporto cominciato all’inizio del Novecento col noviziato accademico con Fattori, insieme all’amico Lorenzo Viani e proseguito con la frequentazione di personaggi di rilievo quali Giuseppe Prezzolini, Arturo Loria, Primo Conti e Carlo Ludovico Ragghianti. Ne furono testimonianza le numerose mostre prima e dopo la guerra, l’importantissima personale del 1932 nei locali de ‘La Nazione’ e l’intera sezione dedicatagli da Ragghianti nel 1967 a Palazzo Strozzi all’interno della vasta rassegna ‘Arte in Italia 1915-1935’. La mostra, a cura di Giuliano Matteucci, rievoca quella stagione magica e gaia di una Viareggio mondana e ridente alla quale il pittore ha legato il proprio nome e che è stato motivo d’attrazione, oltre che per Levy, per un’élite culturale toscana a lui molto vicina. E’ in questo scenario, dove tutto è armonia, bellezza e ‘joie de vivre’, definito da D’Annunzio «il più bello dell’universo»’, che la fervida fantasia del maestro si alimenta, facendo rivivere sulla tela le sfumature del mare, il bianco candente degli ombrelloni, e i costumi variopinti delle bagnanti. Analogamente a un Picasso e a un Matisse in Costa Azzurra, Levy fissa così la luce di quel mondo, cogliendone con rara percezione gli effetti nel cielo, nelle vele ondeggianti, negli aquiloni attraverso una straordinaria fantasmagoria di riverberi che finisce col farsi stile. I filmati girati dallo stesso pittore, messi a disposizione dagli eredi e visibili in una sala dedicata, ne attestano il metodo di lavoro, evidenziando come la traduzione dell’immagine scintillante e ruggente di una società vacanziera e mondana, al passo con i tempi, fosse frutto di un rapporto diretto con quella realtà, a contatto della quale la sua vena creativa riusciva a esprimersi al meglio. Si tratta di documenti davvero eccezionali, non solo per una maggiore conoscenza del profilo dell’artista, ma anche per il coté che in essi rivive: Luigi Pirandello, Marta Abba, Enrico Pea, Leonida Repaci, Alfonso Gatto.

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