“La cultura è fondamentale nella rieducazione di un detenuto”. Parla il direttore del carcere di Siena Sergio Lamontagna

il 03/03/2014 - Redazione

Nel 1995 Frank Darabont portò sullo schermo la storia creata da Stephen King di Andy Dufresne, in cui si raccontava la vita di un detenuto costretto a una lunga prigionia in grado di trovare nella cura di una piccola biblioteca carceraria il sollievo necessario per andare avanti. L’importanza della cultura e della letteratura nel processo di riabilitazione all’interno del carcere non è infatti da sottovalutare e da sempre ha un ruolo centrale per alimentare le speranze verso la costruzione di una nuova vita. Lo sanno bene anche nel carcere di Santo Spirito, dove da pochi giorni è stata attivata una biblioteca con il preciso scopo di offrire ai detenuti un ulteriore modo per migliorarsi e riscattare la propria vita. Il direttore Sergio Lamontagna è uno degli ispiratori dell’iniziativa.

Ci può illustrare il progetto di questa nuova biblioteca?

«Nasce dall’iniziativa e dalla dedizione di un gruppo di volontari che opera all’interno dell’istituto, che ha finanziato gli arredi tramite donazioni. La biblioteca sorge dalle ceneri di una precedente che però conteneva pochi volumi; abbiamo deciso di costruirla nuova con migliaia di libri, frutto di donazioni provenienti in larga parte dal Provveditorato Regionale dell’amministrazione penitenziaria, ma anche da enti privati e associazioni. Oltre a questo la nostra biblioteca entrerà a far parte della rete bibliotecaria senese: abbiamo infatti siglato un accordo con gli Intronati. Al momento è composta da materiale cartaceo, ma pensiamo in futuro che potrà contenere anche ebook e diventare uno spazio per attività collaterali come conferenze o proiezioni di film”.
Quanto è importante nel processo di riabilitazione di un detenuto la lettura?
«È molto importante perché l’offerta culturale fa parte del trattamento, la cultura eleva lo spirito. Abbiamo voluto fare nostre le parole del presidente americano Jefferson “I can’t live without books”, questo è lo spirito che ci accompagna».
Da dove provengono i volumi e su quali tipologie vi siete concentrati?
«Il Provveditorato ne ha inviati in grande quantità. Per la legge penitenziaria i libri nelle biblioteche come la nostra devo essere lo specchio della pluralità culturale della società civile. Inoltre anche i detenuti hanno aiutato a scegliere con un’opera di archiviazione che è tuttora in corso”.
Qual è il ruolo dei detenuto nell’iniziativa?
«Al momento c’è un detenuto che svolge la funzione di “scrivano”, per così dire. Sta catalogando tutti i libri mentre altri collaborano sotto la coordinazione dell’area educativa. C’è stato anche un incontro con lo scrittore Tiziano Scarpa pochi giorni fa ed è stato accolto molto bene, in molti avevano letto i suoi libri».
Quali sono gli obiettivi che vi ponete?
«Per noi è molto importante il collegamento con la rete bibliotecaria e stiamo lavorando a un progetto per il prestito dei libri dal carcere all’Ospedale delle Scotte. Poco tempo fa c’è stata infatti una mostra, tenuta nei locali dell’Arci, di quadri realizzati dai nostri detenuti, molti dei quali sono stati venduti per beneficienza. Quelli rimasti invenduti sono stati donati al reparto pediatrico delle Scotte. La nostra idea sarebbe quella di andare oltre e realizzare una piccola biblioteca per bambini con i libri che già abbiamo. Sarebbe un segnale forte di come anche dal carcere sia possibile far uscire cose buone per la società”.

Francesco Anichini

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