L’universo femminile oltre gli stereotipi. Intervista a Carlo Bellieni, autore di “La carne e il cuore”

il 07/06/2010 - Redazione

Veline, letterine, troniste. L’elenco degli stereotipi femminili della società moderna sono infiniti e alimentati sempre di più da una cultura troppo legata a tv e gossip, alla frivola arte dell’apparire e del mascherarsi per sembrare chi non si è, nascondendo la propria anima e la propria identità. L’abbattimento degli stereotipi vuoti delle donne di oggi è uno degli obiettivi che si pone La carne e il cuore: storie di donne (Edizioni Cantagalli) scritto da Carlo Bellieni, neonatologo dell’Ospedale Santa Marie alle Scotte di Siena, impegnato nella ricerca scientifica nel campo della neurofisiologia e della sensorialità feto-neonatale.

Il libro tratta temi femminili i come la maternità, l’aborto, la fecondazione assistita. Da uomo, come nasce questa scelta?
“Ho deciso di scrivere questo libro perché ho molte amiche donne che hanno molte cose interessanti da dire e mi sembrava doveroso dar loro voce perché, purtroppo, le donne hanno pochissimo spazio nonostante si parli molto di quote rosa. Nella società italiana le donne sono molto emarginate, io non ho molto potere ma nel mio piccolo ho voluto dar loro il mio aiuto”.
Scrivere questo libro le ha insegnato qualcosa in più sull’universo femminile?
“Mi ha insegnato tantissimo. Ho capito che le donne hanno una capacità di vivere la loro sessualità e il proprio essere donna impensato. Nel libro do voce anche ad alcune suore di clausura che hanno parlato di sessualità, cosa inimmaginabile per i più. Poi ci sono le femministe che si preoccupano del rispetto del corpo delle bambine soprattutto in questa epoca in cui tanto si parla di pedofilia. Il libro evidenzia come lo scontro esistente tra le varie culture è finto, fatto da chi vuole preservare il potere, per demonizzare l’altro. Invece quando si parla in modo competente con dati di fatto e avendo una reale volontà di ascoltare, l’incontro è possibile”.
Quale obiettivo si pone con questo libro?
“Prima di tutto dar voce al mondo femminile e far capire che è un universo grandissimo. La donna ha una enorme capacità di accoglienza che, però, le viene strappata. Oggi si insegna alle donne un paradosso: sono libere di fare sesso ma non devono fare figli. In Cina c’è la politica del figlio unico di Stato, in Italia esiste quella del figlio unico culturale. Secondo l’Istat le donne in età adolescenziale vorrebbero fare tre-quattro figli, poi ne fanno solo uno. E’ una libera scelta? Penso proprio di no. Lo stesso discorso vale per la diagnosi prenatale: le donne sono costrette a chinare il capo sotto le forche caudine della diagnosi prenatale, come se per stringere un figlio in mano bisogna contare i suoi cromosomi. E’ una cosa vergognosa che va al di là delle libertà delle donne. E tutto perché non sono informate nel modo giusto”.
Nel libro la psichiatra Claudia Ravaldi dice che oggi la maternità è sempre più ritardata perché c’è trascuratezza culturale. Lei condivide?
“Mi fa molto piacere che una psichiatra importante di religione buddista abbia espresso questo concetto in un libro scritto da me che sono cattolico. Fa capire che non è un problema religioso ma culturale. L’idea che oggi per la donna ci sia l’obbligo di sentirsi sterile è un dato di fatto. La società induce le donne a fare figli fino a 40 anni, quando è più difficile averli, e quindi sono costrette alla fecondazione in vitro senza conoscere i rischi. I media non dicono che con la fecondazione in vitro il rischio di malformazioni è superiore del 30 per cento rispetto alla popolazione normale e che il danno celebrale è doppio rispetto alla popolazione normale. Non bisogna vietare niente ma bisogna informare”.
Il libro fa parte della collana “Il coraggio di scegliere”. L’ha definita una collana “molto forte”. Perché?
“Perché tratta di stereotipi che non devono più esistere, compito piuttosto arduo. Il prossimo libro, per esempio, sarà un saggio e un romanzo sul mondo della disabilità. Per far capire che il disabile non è qualcuno da sopportare ma una risorsa per tutti”.
Secondo lei i libri come questo possono cambiare la società?
“I libri no, l’impegno sì. Perché il libro è legato a chi lo scrive, l’impegno è una cosa che si espande indipendentemente da chi lo fa, è un seme buono che si getta nel mondo”.

Susanna Danisi

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