L’omicidio Attanasio. Matteo Giusti ricostruisce la morte dell’ambasciatore italiano in Congo

Firenze il 25/06/2021 - Redazione
Il Congo, la sue ricchezze, la sua violenza, il suo passato e il suo futuro. Una storia drammatica che ha travolto anche il nostro ambasciatore Luca Attanasio e il carabiniere Vittorio Iacovacci, che erano in Congo per aiutare un popolo disperato. Le parole, i ricordi, le speranze e i progetti di chi li ha conosciuti e lotta ogni giorno per dare una speranza al gigante africano che l’occidente tiene in vita solo per vivisezionarlo economicamente. Di questo parla Matteo Giusti nel libro “L’omicidio Attanasio. Morte di un ambasciatore” (Castelvecchi Editore), pubblicato in questi giorni.
 
Il libro - Nella Repubblica Democratica del Congo per fare carriera politica non servono le idee, ma è sufficiente armare un gruppo di giovani senza futuro e minacciare il potere centrale. Così in un solo giorno si può diventare generale o ministro. Un paese che potrebbe essere un paradiso, ma è invece un autentico inferno in terra per chi è costretto a sopravviverci giorno dopo giorno fra assassinii, stupri, saccheggi e discriminazione. Accuse, illazioni, sospetti e minacce costellano una difficile indagine che probabilmente non arriverà mai alla verità. Il libro ricostruisce la realtà del Congo, disegna la figura dell’ambasciatore italiano e cerca di capire cosa possa essere davvero successo in quella maledetta mattina del 22 febbraio.
 
La storia - Il 22 febbraio 2021 un convoglio di due auto del World Food Programme stava percorrendo la Route Nationale 2, la principale arteria del provincia del Kivu del Nord, il lembo orientale più estremo della Repubblica Democratica del Congo, in direzione Rutshuru. Nella prima auto viaggiava l’ambasciatore italiano Luca Attanasio, con la sua guardia del corpo il carabiniere Vittorio Iacovacci e l’autista Mustapha Milambo. Nei pressi del villaggio di Kibumba sei uomini armati di kalashnikov e machete sono saltati fuori dalla brousse, la boscaglia congolese, attaccando le auto. La prima scarica di mitra colpisce a morte l’autista bloccando così il convoglio. Trascinati fuori dalle auto i nostri due connazionali vengono portati a poche centinaia di metri dove Vittorio Iacovacci nel tentativo di difendere l’ambasciatore viene ferito a morte ed anche il nostro diplomatico riceve alcuni colpi all’addome. Gli occupanti della seconda auto intanto riescono ad uscirne incolumi nascondendosi agli assalitori. I colpi di kalashinikov attirano subito l’intervento dei ranger del Parco dei Virunga, una forza molto reattiva e agguerrita, che mettono in fuga i banditi e riescono a trasportare Luca Attanasio all’ospedale di Goma, dove l’ambasciatore arriva però già morto. Questa la nuda cronaca di un terribile fatto di sangue che ha visto cadere tre persone. Un fatto gravissimo, non solo per la tragica morte di queste persone, perché è stato facile colpire un diplomatico del massimo livello di una Paese facente parte del G7. Il governo congolese ha immediatamente incolpato un gruppo ribelle Hutu che agisce nella zona del Parco dei Virunga, ma che altrettanto rapidamente ha smentito ogni suo coinvolgimento. Tutto l’est della Repubblica Democratica del Congo è completamente fuori controllo, con la bellezza di oltre centotrenta gruppi guerrieri che saccheggiano e terrorizzano la popolazione locale, con il governo centrale che resta a guardare imbelle. Dopo aver cercato un facile colpevole da Kinshasa hanno anche comunicato di essere all’oscuro della presenza dell’ambasciatore italiano in quella sperduta provincia, una menzogna smentiti da documenti ufficiali che annunciano il viaggio del diplomatico italiano. Il giorno stesso del tragico triplice omicidio sono state aperte ben tre inchieste: la prima da parte delle Nazioni Unite di cui fa parte il World Food Programme, la seconda da parte della magistratura italiana e la terza dagli inquirenti congolesi. Ricostruiti i fatti sono chiare e palesi le carenze organizzative di una organizzazione come il World Food Programme che in un documento ufficiale cataloga quella strada come da percorrere senza la necessità di una scorta armata. Fatto curioso che poche settimane prima un convoglio di diplomatici belgi ed europei era stato debitamente scortato dalla Monusco, la missione militare delle Nazioni Unite nella Repubblica Democratica del Congo. La caccia ai colpevoli è subito iniziata, ma in Congo diventa tutto molto complicato. La cosa da sottolineare è che l’Italia e anche il Paese africano hanno perso una persona speciale che faceva del bene ogni giorno e che tanti dai missionari ai cooperanti, dai medici ai semplici cittadini congolesi rimpiangono con la consapevolezza che avrebbe potuto fare tanto. Un evento gravissimo che si inserisce in un quadro di estrema violenza ed insicurezza che ha costretto il debole governo del presidente Tshisekedi a dichiarare lo stato d’assedio per tutto l’est del Paese, schierando le forze armate. La magistratura italiana ha già aperto un’inchiesta che inchioda il World Food Programme alle sue responsabilità per aver lasciato Luca Attanasio, Vittorio Iacovacci e Mustapha Milambo alla mercè dei propri assassini, ma la strada per ottenere verità e giustizia è ancora lunga, una giustizia che come dice il Dott. Denis Mukwege, Premio Nobel per la Pace 2018, deve essere per tutti i congolesi trucidati ogni giorno.
 
L’autore - Matteo Giusti, 43 anni giornalista professionista da quasi 15 anni ha lavorato per diverse testate nazionali e locali, conducendo programmi radiofonici e televisivi. Dal 2013 al 2015 si reca tre volte nella regione dei Grandi Laghi restando per lunghi periodi ed incontrando grandi personalità locali. Collabora da anni con la rivista di geopolitica Limes occupandosi di Africa e in particolar modo della Repubblica Democratica del Congo.
 
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