“L’Italia non è razzista come si vuol far sembrare”. Parla il docente di letteratura araba Akeel Almarai

il 28/10/2013 - Redazione

Due culture che sembrano lontanissime ma che, viste da vicino, rivelano inaspettati punti di contatto, un’ammirazione reciproca e nuovi spunti per l’arricchimento di entrambe da cercare nella rispettiva conoscenza. A pochi giorni dall’inaugurazione del Centro islamico a Colle Val d’Elsa sienalibri.it ha incontrato Akeel Almarai, docente di lingua e letteratura araba all’Università per Stranieri di Siena.

La diversità per molte persone è un limite, una parola che fa quasi paura. Lei cosa ne pensa?
«La mia percezione è che questo sentimento sia in forte calo e, quando c’è, sia dettato dalla mancanza di conoscenza dell’altro. In Italia capita che quando si vede una persona per la strada con in mano un libro in arabo si pensa subito sia il Corano. Ma non è un libro che solitamente gli arabi portano in giro. C’è però questa credenza. Dobbiamo ancora lavorare molto sul fatto che si crede che tutti gli arabi siano un blocco unico. Se uno è musulmano si pensa che è praticante e credente. Ma non è vero, come succede tra gli altri popoli ci sono molte differenze tra gli individui».
Una scarsa conoscenza dell’altro che spesso può portare al razzismo?
«Vivo in Italia da tanti anni e devo dire che non è Paese così razzista come lo si vuole far sembrare. Spesso il razzismo è legato all’ignoranza, intesa come poca conoscenza, che provoca paura e alimenta gli stereotipi. Non si tratta mai di un sentimento di superiorità, che è poi la cosa più pericolosa».
Due mondi e due culture che sembrano così lontane e invece….
«La cultura italiana ha tantissimi punti di contatto con il mondo arabo. Basti pensare che quando in Italia due persone non si capiscono si dice “Ma parlo arabo?”. Nei Paesi arabi nella stessa situazione si dice “Ma parlo italiano?”. Sembra una sciocchezza e invece vuol dire tanto. L’Italia è da sempre vista come un Paese amico dal mondo arabo. E poi, culturalmente parlando, il mondo arabo conosce i grandi scrittori e le opere più famose dell’Italia, come la Divina Commedia e il Decameron, anche se sono libri che non sono mai stati tradotti in arabo. Ad oggi esiste solo una traduzione del Decameron dallo spagnolo e della Divina Commedia dal francese. Una piccola pecca dovuta alla scarsa attenzione dell’Italia nel promuovere la propria cultura all’estero».
E viceversa? L’Italia conosce gli scrittori arabi?
«In Italia uno degli autori più conosciuti è Khalil Gibran che, invece, nel mondo arabo è diventato famoso per la fama acquisita in Europa. Mentre ci sono tanti altri intellettuali poco conosciuti in Occidente che, invece, esprimono al vera essenza del mondo e della letteratura araba. E proprio per farli conoscere che ho dato vita a una collana che uscirà a breve dal titolo “Primavere letterarie”. Il primo libro sarà dedicato a Mahmud al-Rimawi, scrittore arabo palestinese che vive in Giordania. Spero che il pubblico senese e italiano accolga questa novità con entusiasmo e interesse».
Il mondo arabo da oltre due anni è teatro di scontri e rivolte. Una rivoluzione civile che sta cambiando anche la cultura dei Paesi coinvolti?
«Le rivolte di Tunisia e Siria sono nate sulla spinta dei giovani animati dall’idea di poter cambiare qualcosa. Ma dopo due anni e mezzo, senza organizzazione e senza un concreto sostegno internazionale la gente è stanca. Se si fosse trovata una soluzione nei primi cinque mesi sarebbe stato tutto diverso. I politologhi arabi dicono che non c’era allora una volontà regionale e internazionale di risolvere la situazione e ora c’è il caos. In Egitto, dove c’è stato un vero e proprio colpo di Stato, se avessero fatto procedere tutto in modo democratico le cose sarebbero andate molto diversamente in tutto il mondo arabo. E ad ora non si può parlare di una Primavera culturale perché la gente è ancora troppo coinvolta, non ci sono riflessioni su quanto accaduto. La gente è ancora molto interessata alla politica quotidiana, c’è qualcuno che scrive ma si tratta di manifesti politici. Non c’è niente di simile a quello che Najib Mahfuz scrisse sulla rivolta nel 1919 in Egitto che è un’analisi a distanza di anni del fenomeno».
Da docente ha assistito a un cambiamento nel modo di vedere e avvicinarsi al mondo arabo prima, durante e dopo l’attentato alle Torri Gemelle dell’11 settembre 2001?
«Ora in tutto il mondo si sta un po’ perdendo l’effetto 11 settembre. Per quanto riguarda Siena non ho mai percepito nulla di diverso, è una città bella e tranquilla. In occasione del Palio del 2 luglio 2010 un artista arabo Ali Hassoun ha dipinto il Cencio, raffigurando la Madonna di Provenzano con fattezze mediorientali e kefiah. Un segnale importante e molto positivo».

Susanna Danisi

Torna Indietro

NEWS

Libri

x

Continuando la navigazione o chiudendo questa finestra, accetti l'utilizzo dei cookies.

Questo sito o gli strumenti terzi qui utilizzati utilizzano cookie necessari al funzionamento ed utili alle finalità illustrate nella cookie policy. Chiudendo questo banner o proseguendo la navigazione, acconsenti all’uso dei cookie.

Accetto Cookie Policy
X
x