L'è tutto un buglione è uno dei modi di dire toscani più conosciuti e sta ad indicare una certa qual confusione, un misto di cose che normalmente non stanno insieme e che, invece, ora ce le ritroviamo accozzate in qualche modo. Dice il dizionario: "accozzaglia, insieme disordinato di cose, persone, cibi". Ma in realtà il nome prende origine dalla cucina, dove sta ad indicare un piatto povero, composto per lo più di avanzi di carne, qualche verdura, spezie secondo stagione. Un vero pout pourri. Insomma, un buglione.

Adesso questo piatto ha dato il titolo ad un libro che, giustamente, mescola ricette della tradizione toscana a ricordi, aneddotica e proverbi che compongono il ritratto di una Toscana che non c'è più, ma sopravvive nella tradizione gastronomica oltre che nei ricordi, tutt'altro che sbiaditi, dell'autrice, Miriam Serni Casalini.

Il libro – Il Buglione (ed. Sarnus, pp. 176, euro 15), che si apre con un saluto di Dario Cecchini, il famoso macellaio di Panzano in Chianti, come in un calendario, segue l'ordine dei mesi: si parte dal gennaio dell'Epifania (anzi, la "Befana") e si arriva al dicembre di Natale e San Silvestro, in un percorso vario e mai noioso dove c'è posto perfino per le filastrocche tradizionali e per i consigli della nonna: dopo tanto parlare di crostini, ribollita, trippa e schiacciata con l'uva, i rimedi per il mal di pancia possono sempre far comodo. E ancora, ci sono gli oggetti d'altri tempi che addobbavano le case coloniche, c'è la vita quotidiana in campagna, ci sono le osterie e ovviamente dolci, vini e liquori.

L'autrice - nata a Firenze, Miriam Serni Casalini, vive nel Chianti. Cuoca sopraffina e cultrice di memorie della campagna toscana, ha scritto questo libro non solo per parlare di pietanze prelibate, ma per riportare a galla le usanze, e con esse i valori e le tradizioni, di un mondo che rischia di essere dimenticato. Le ricette sono di Paolo Piazzesi, autorità in materia di cucina toscana.