"Ero in casa con la mia famiglia e ho visto alla tv che c'era l'aereo che si è schiantato e poi ho visto in tempo reale l'impatto del secondo aereo, e le persone che urlavano davanti alla tv. Poi sono andata a scuola e tutto era fermo. Quando ho visto il primo aereo ho pensato fosse un incidente, un pilota che non aveva visto la torre e dopo non ho pensato che sarebbe stato un evento di così grande portata. Così come certo non pensavo che poi ci sarebbe stata la guerra e tutti gli eventi che sono seguiti. Non mi rendevo conto".
"Quando ho saputo della notizia, ero a scuola, quando il primo aereo si è schiantato nella prima Torre ho creduto fosse un incidente, con il secondo però ho capito che qualcosa di grave stava succedendo. Quando sono tornato a casa, sono rimasto incollato alla tv per tre giorni. Non avevo paura perché io abitavo lontano e per noi non era così significativo come a New York o Los Angeles, siamo tornati presto alla normalità".
Sono i racconti di Paola e Alexander, rispettivamente di Chicago e New Mexico, allora tredicenni ed oggi studenti all'Università per Stranieri di Siena. Anche loro, come gran parte di noi, hanno assistito a quanto succedeva dieci anni fa di fronte alla televisione. Seppur dall'altra parte dell'oceano molte sensazioni sono state le stesse ma rimane interessante parlare con loro, oggi, di quell'11 settembre.
"Adesso penso che la guerra sia inutile - dice Paola -, non hanno pensato alle conseguenze di questo conflitto. Forse anche per questo in America non se ne parla di questa guerra e non se n’è mai parlato in questi anni. Come sta succedendo per la crisi economica, solo ora si comincia a discuterne".
"La guerra non è stata la prima conseguenza dell'11 settembre - aggiunge Alexander -, forse ci sarebbe stata comunque e ci sono stati tanti eventi anche prima di quella data che hanno portato al conflitto attuale. L'11 settembre è stata solo una scusa". ”A Chicago c'è paura oggi - sostiene ancora Paola - perché tutti pensano che possa esserci un nuovo attacco terroristico. Ogni anno in occasione dell'anniversario tutti lo temono. Tanti prendono misure di sicurezza. So di alcune persone hanno comprato cibo, acqua, organizzato bunker. Ma la paura è un sentimento molto pericoloso“.
”Penserò anche oggi a quel giorno - sostiene invece Alexander - e non ho immagini tanto legate alle Torri quanto all’aereo perché tutt’ora non mi spiego come si possa dirottarlo con un semplice taglierino“.
Parole, paure, timori e racconti dei due ragazzi americani non sono poi così differenti da quelli che potrebbero essere i nostri tranne forse lo stretto legame che accomuna l’attentato di 10 anni fa con la guerra di oggi. La percezione di un dramma, se non vissuto in prima persona, è inevitabilmente uguale al di qua e al di là dell’oceano. Mi piace però concludere il racconto di questa chiacchierata con le parole finali di Paola. Alla domanda su cosa avrebbe fatto oggi mi ha semplicemente risposto: ”Io sono credente ed andrò pertanto in Chiesa a pregare. Non è però questo quello che conta, l’11 settembre è il giorno in cui, da dieci anni, ricordo a me stessa di essere una persona fortunata“.
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