“Il teatro è un corpo a corpo e noi attori siamo i facchini della parole”. Intervista a Filippo Timi

il 15/03/2010 - Redazione

"Sono Filippo Timi detto Filo dagli amici, nato a Perugia nel 1974". Con queste parole Timi si presenta sul suo blog, un portale che tiene aggiornatissimo. Oltre ad essere un attore che interpreta sul palco personaggi e storie sempre nuove, Timi nel suo sito, interpreta con le parole anche se stesso. Ed è bizzarro trovare il blog ufficiale di un artista, composto come se a parlare, fossero due anime diverse. Forse rispecchia la dualità del rapporto intenso e particolare che lega la letteratura al teatro. La letteratura è molto presente nei lavori di Timi, a teatro ha interpretato Orfeo, Danton, Percival, Odino, Satana, Woyzeck, Amleto ed è stato anche tra gli interpreti dello spettacolo teatrale “Il colore bianco” rappresentato a Torino per le Olimpiadi della Cultura. A dimostrazione del rapporto intenso che lega il teatro alla letteratura, ci sono i romanzi che Timi ha scritto, Tutt’al più muoio (Ediz. Fandango Libri), scritto con Edoardo Albinati, E lasciamole cadere queste stelle (Ediz. Fandango Libri) e Peggio che diventare famoso (Ediz. Garzanti Libri). Una produzione, un’attività, quella di Timi che non si esaurisce nel teatro, infatti per il cinema ha interpretato i film In memoria di me di Saverio Costanzo, Saturno contro di Ferzan Ozpetek, I demoni di San Pietroburgo di Giuliano Montaldo, Signorina Effe di Wilma Labate, Come dio comanda di Gabriele Salvatores, Vincere di Marco Bellocchio e La doppia ora di Giuseppe Capotondi. Insomma un curriculum di tutto rispetto quello del trentaseienne Filippo Timi, che a Sienalibri ha rilasciato l’unica intervista durante il suo Amleto a Montepulciano, perché sembra non voler rilasciare interviste televisive. Un artista completo e complesso che di se, scrive: “io lo sapevo fin da bambino che non sarei mai diventato un attore da soap opera tutto preciso e pulito. E per questo mi sono dovuto inventare un mio modo personale di presentarmi”.

Che importanza hanno le parole nel teatro e nella letteratura?
Molto spesso le parole sono bugiarde, ti costringono a guardare indietro. La poesia più bella deve essere ancora scritta, ma non lo sarà con le parole. Le parole mentono perché cercano di circoscrivere un oceano di emozioni. Le parole ti costringono a non essere pornografico in senso tautologico. “Sono una bugia che dice sempre la verità” diceva Eugène Cocteau.
Il teatro influenza la realtà?
Poco, la letteratura può influenzare la mente, il cervello. Spetta poi ad ognuno di noi tradurre in gesti, in cambiamento, quello che le parole ti hanno permesso di conoscere. Siamo i facchini delle parole. Il teatro è un corpo a corpo. L’attore è un corpo vivo che incontra un altro essere umano. Nel teatro è fondamentale l’incontro tra due persone attraverso la parola.
Quali saranno i tuoi prossimi lavori?
Sto girando un film con Kim Rossi Stuart sulla storia dell'ex capo della banda della Comasina Renato Vallanzasca. La regia è di Michele Placido.
Come è la tua vita da attore?
Sono un “artigiano con idee strampalate”. La definizione non è mia, me lo disse un collega che stimavo, mentre lui non ricambiava l’opinione. Me lo disse quando avevo 21 anni, con l’intento di farmi un torto. Con il tempo non solo ho apprezzato quest’espressione, ho anche capito che è un valore essere un artigiano con idee strampalate.

Elisa Manieri

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