Il silenzio dell’uovo. In un libro la storia dei fratelli Gazzilloro e della loro poesia irriverente

il 26/04/2011 - Redazione

Due fratelli, due menti vulcaniche e dotate di una sensibilità artistica senza pari. Torquato e Titina Gazzilloro hanno scritto pagine importanti della poesia ottocentesca italiana. E poi il nulla, entrambi scomparsi senza lasciare tracce delle proprie spoglie mortali né della loro arte immortale. Renzo Butazzi, ne Il silenzio dell’uovo (Sagoma Editore), ha riportato alla luce le opere e le gesta di questi due geni dimenticati, servendosi anche di fonti rare e dimenticate. Basti pensare al prezioso tomo “La Divina Influenza dei Foruncoli e della Gobba sulla Creatività Poetica” (Editrice Lapanacea) di Ulderico Amal o al saggio “Storia del Pianto nel Mondo Politico Italiano dopo il 1856” di Umberto Litania (Lacrimosi Editore). Nella prima parte del libro l’autore si concentra sul Poeta Civico e Didattico Nazionale Torquato Gazzilloro e sulla sua poetica intimista e introversa, attenta ai sentimenti e alla cose più umili, trovando grande apprezzamento negli ambienti accademici e nelle élite culturali. È solo grazie a questo libro che sono tornati godibili alcuni capolavori come “La minestrina”, scritta per celebrare il rapporto ambivalente del poeta con la pastina in brodo (La minestrina/ la mangio prono./ E’ un dono,/è divina./ In lei ho fiducia/ quando non brucia./ Subdola, però,/ è la grandinina./ Ovunque s’insinua,/ quasi mi soffocò); “Lutto d’amore”, realizzata nel periodo del Metabolismo romantico in cui l’amore si intreccia con i generi alimentari (Salta/ la cavalletta di Malta/ sempre più alta!/ Ma cade nella panna montata/e muore affogata); oppure tutte le poesie scritte nel periodo “dei silenzi”, oppresso dall’incomunicabilità delle cose (Borbotta il borlotto prolisso/sul fuoco di brace,/ mentre il fagiolo dall’occhio/ mi guarda fisso./ Ma tace – Da sempre m’angoscia/ il silenzio dell’uovo./Ancor oggi/ l’ho interrogato di nuovo,/ prima della polenta./ Che fu, che ti tormenta?/ Perché sei mesto,/ gli ho chiesto,/ perché sei sbattuto?/ Ma lui ha taciuto). La seconda parte è invece dedicata a Titina Gazzilloro, alla sua “poesia applicata” - un genere molto apprezzato nei settori commerciali e industriali destinato però ad essere sottovalutato dai critici letterari – e a quella “di commozione”. Di lei si ricordano, tra le altre, “Dolcezze termali” (Il bruno Renato/ a Salsomaggiore,/m’offriva un sorbetto/ al posto d’un fiore./ Chissà che a Sirmione/un biondo Roberto/ non m’offra il torrone?) o “Le posate di maman” (Ricorda – e maman alzò il dito - / ancorché grande sia l’appetito/ non mangerai le cozze/ con i cucchiaini di nozze!).
“Il silenzio dell’uovo” è un libro dalle tinte seppia, assolutamente sopra le righe e in grado di coniugare uno spiazzante umorismo tutto toscano ad una graffiante satira nei confronti del mondo accademico ed una scrittura spassosa e raffinata al tempo stesso, che attinge agli esempi più classici della moderna letteratura comica italiana.

Simona Trevisi

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