Il restauro. Giovanni Urbani e Cesare Brandi, due teorie a confronto. Se ne parla il 19 aprile

il 16/04/2010 - Redazione

Ricostruire l’intenso e costante dialogo tra Cesare Brandi, fondatore dell’Istituto Centrale del Restauro, e il suo allievo e successore Giovanni Urbani, fin dal loro primo incontro, avvenuto nel 1945. Questo l’intento di Bruno Zanardi, autore del volume "Il Restauro. Giovanni Urbani e Cesare Brandi, due teorie a confronto" (Skira, Milano 2010) che verrà presentato lunedì 19 aprile alle ore 17.30 nella Sala degli Intronati di Palazzo Patrizi a Siena. Oltre all'autore, interverranno il Gabriele Borghini, Emanuela Carpani, Anna Maria Guiducci e Tomaso Montanari.

Il volume - La teoria formulata da Brandi e dispiegata per la prima volta in termini sistematici nelle lezioni edite nel 1963 si presenta tutt’oggi come un insieme di acquisizioni fondamentali e imprescindibili. Gli approfondimenti ai quali essa è stata sottoposta nei numerosi convegni organizzati in occasione del centenario della nascita dello studioso senese l’hanno attestato anche in una vasto ambito internazionale. Ci si può chiedere, pertanto, fino a che punto sia corretto parlare di due teorie. I temi sui quali Giovanni Urbani (1925-1994) insiste nascono, piuttosto, dall’esigenza, avvertita sempre più acutamente, di accompagnare agli interventi di restauro vero e proprio politiche di programmata prevenzione sulla base di analisi che considerino il bene culturale nel quadro delle relazioni entro cui si è collocato e si colloca. Prende così corpo l’idea di un’“ecologia culturale” da concretizzare in una serie di politiche che investano più settori. Quindi è decisiva l’attenzione che si riserva al complesso sistema di relazioni delle quali ogni manufatto è nodo. Il “Piano pilota per la conservazione programmata dei beni culturali in Umbria” elaborato nel 1975 fu il disegno più coerente e impegnativo di una tale visione. Come molte altre proposte avanzate da Urbani nel decennio della sua direzione dell’Istituto non ebbe seguito. In segno di protesta contro la sordità dei governi, egli rassegnò le dimissioni nel 1983, dodici anni prima della naturale scadenza del suo mandato. Anche con questo inconsueto gesto si segnalò per rigore e stile.

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