Un libro non rappresenta solo il veicolo con cui si trasmette un messaggio, ma è anche uno straordinario oggetto di culto che raccoglie espressioni, idee e contenuti disparatissimi. Così come la passione per gli stessi volumi che Oliviero Dilberto, professore di Diritto Romano all’Università La Sapienza di Roma, ha iniziato a coltivare decisamente prima rispetto alla sua attività politica. “La mia passione per il libro ha un’origine familiare. Sono nato e cresciuto a casa di mio nonno, il quale di mestiere, faceva il disegnatore di mappe di catasto, mestiere oggi scomparso. Io, molto viziato da mio nonno, ero l’unico essere umano ammesso nel suo studio e mi ricordo che lì c’erano dei materiali bellissimi come carte, chine, squadre, compassi. Così ho imparato ad amare tutti questi oggetti scrittóri molto prima di iniziare a leggere e scrivere. E questo è stato l’imprinting. Poi crescendo, ho coniugato l’amore per l’oggetto al contenuto, grazie alle letture. Mi ricordo che da giovane ero fan delle edizioni dei grande classici della Bur. Poi con gli studi ho continuato ad alimentare questa mia passione, laureandomi in diritto romano, quindi in una disciplina che ben si coniugava col l’arte amanuense medievale e ed anche con lo studio passaggio dalla scrittura alla stampa. Ed anche nelle mie ricerche, nelle pubblicazioni e nei miei studi mi sono sempre occupato di bibliografia giuridica. Diciamo che ho sempre fatto un lavoro che rappresenta anche la mia grande passione. Posso dire quindi che non ha mai avuto veramente l’impressione di lavorare”.
Quale è il perfetto identikit dell’appassionato di libri antichi? - “Ognuno ha un profilo diverso. Chi ama il libro antico ama sia l’oggetto in quanto tale sia il suo contenuto e quindi c’è un connubio tra gusto per la raccolta e studio. Raccogliere i libri dà il gusto della caccia, del trovare l’edizione rara ecc. Però oltre a questo bisogna anche capire che storia ha avuto quel volume, da dove viene, chi l’ha tenuto tra le mani, le note di possesso, le dediche. È cercare di trasformare il libro, che è un multiplo perché viene stampato su molte copie, in un unico ricostruendo la storia specifica di quel volume. È un divertimento intellettuale abbastanza vertiginoso”.
Cosa rappresenta per Lei il libro? - “Il libro è una grande espressione di libertà. Non a caso l’etimologia delle due parole, libro e libertà, è la stessa. Il libro rappresenta l’emancipazione. C’era un tempo, fino a pochi decenni fa, in cui l’analfabetismo era molto diffuso e sulle classi subalterne erano appunto usati i libri e la cultura come strumenti di oppressione. Basti ricordare il Latinorum di Don Abbondio. Viceversa, se la cultura è di tutti è uno strumento formidabile di liberazione”.
Quale è la differenza tra bibliofilo e bibliografo? - “Il bibliofilo normalmente potrebbe collezionare anche altre cose. Così come colleziona libri antichi potrebbe fare una collezione di porcellane, soldatini di piombo, monete, francobolli, cartolini ecc. Mentre il bibliografo è colui che ha scelto il libro perché questo è uno strumento particolare, è un vettore, ovvero un supporto per idee. Il bibliografo è quindi colui che tiene insieme l’aspetto e il contenuto del libro e che studia la sorte e il destino di ogni singolo volume. È la stessa differenza che intercorre tra un filatelico e uno studioso di storia postale. Il filatelico si limita a raccogliere francobolli in un album, mentre lo storico postale guarda il complesso: sa che il francobollo si trova in una busta, insieme ad un mittente ed un destinatario, con un timbro che ci dice da dove è stato spedito e dove è arrivato. E per fare questo bisogna avere un sacco di conoscenze, non basta la filatelia: bisogna conoscere la geografia, la geografia militare, la storia, la storia della diplomazia, ci vogliono cioè delle competenze che richiedono studio. Detto questo però bisogna notare che il bibliografo è anche bibliofilo perché colleziona libri e li ama”.
Fino a molto tempo, solo in pochi raccoglievano libri. Oggi invece è diventata una pratica abbastanza diffusa, come mai? - “La bibliografia o bibliofilia era un’attività d’èlite. Di un’èlite molto gelosa di sé che, a livello di massa, veniva considerata come formata da personaggi decisamente bizzarri. Un po’ per ragioni di costi che di contenuto. Oggi non è più così: il libro antico o “particolare” è diventato di moda. Tant’è vero che il mercato si è adeguato dato che le librerie di seconda mano o di occasione sono raddoppiati sono in Italia. E questo è dovuto al fatto che la letteratura di massa ha sdoganato queste discipline. Tutto è cambiato con Il Nome della Rosa di Eco del 1980, con l’autore che ambienta un giallo in una biblioteca medievale, l’oggetto della ricerca è il Secondo libro della Poetica di Aristotele, l’assassino è un bibliotecario che uccide con un libro avvelenandone le pagine. Da allora c’è stata una grande diffusione di romanzi di ambientazione libresca, basti citare Zafon e Perez Reverte, e questo ha fatto in modo che questa passione per i libri antichi sia stata sdoganata a livello di massa, anche a livello economico. Basta scegliere un tipo di libro e la bibliofilia diventa alla portata delle tasche di chiunque. Faccio un esempio banale, se si volesse fare una raccolta sui Gialli Mondadori dalle origini, sarebbe veramente molto difficile se non impossibile, perché una volta letti, questi volumi vengono abbandonati dove capita. Ma quando si trovano sulle bancarelle costano 1 euro. Ed è per questo che la bibliografia è una disciplina molto democratica e non consente gerarchie perché mai un libro è più importante di un altro, se non in stretta relazione ai gusti personali di ognuno di noi”.
Da docente universitario, cosa vorrebbe dire all’universo accademico italiano? – “Il nostro mestiere, quello dell’insegnante in genere, è forse il mestiere più importante di tutti perché trasmette il sapere da una generazione ad un’altra. E questa è non è una cosa di routine. Io faccio lo stesso corso da 30 anni, ma ogni anno è come se lo facessi per la prima volta perché i miei interlocutori cambiano. E la cosa essenziale è trasmettere, insieme al sapere, la passione per il sapere. E cioè che apprendere è una forma strepitosa di godimento, che non può essere imposta”.
Faccia una dedica, o una citazione, per l’Italia di oggi - “Farò un auspicio. In un’Italia drammaticamente involgarita, l’auspicio è che più libri si leggono in un Paese e migliori cittadini ci sono in quel Paese”.
SOTTO TORCHIO
LIBRO E AUTORE PREFERITO - Ce ne sono troppi. Sicuramente “Cent’anni di solitudine” di Gabriel Garcia Marquez, “Il maestro e Margherita” di Michail Bulgakov, “Le finzioni” di Jorge Louis Borges e “La linea d’ombra” di Joseph Conrad. E i libri sono gelosi, non posso citarne solo uno
L’ULTIMO LIBRO LETTO - Winslow “La lingua del fuoco” e Scarpa “Storia avventurose di libri necessari”
IL LIBRO DA CONSIGLIARE AI LETTORI - “La vita di Galileo” di Bertold Brecht
LEGGERE E’… - una delle forme principali del godimento
Andrea Frullanti
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