“Il libro delle paure”, il brivido di leggere la tradizione popolare

il 02/11/2009 - Redazione

Le storie di paura sono il più accattivante completamento di una raccolta di favole, esplorate nel loro lato più terrificante. Così Carlo Lapucci, dopo aver pubblicato “Fiabe toscane di maghi, fate, animali, diavoli e giganti. Volume I e II” (Sarnus), ha scelto i racconti popolari di diavoli, fate e fantasmi, contenuti ne “Il libro della paure” (Sarnus), per chiudere la sua raccolta di favole toscane.
Dedicato a bambini da 5 a 100 anni, il libro contiene le fiabe che in Toscana costituivano “la veglia dei grandi”. Quelle vere e proprie erano infatti riservate alla prima parte della serata. Una volta messi a letto i bambini più piccoli cominciava la veglia della paura, con storie nate per mettere addosso i brividi. Ecco quindi che ad abitare le pagine del libro del Lapucci troviamo un coacervo di figure fantastiche che da millenni irrompono nel nostro mondo per turbarlo, agitarlo, ricordare ai suoi abitanti l’esistenza di un’ingovernabile sfera dell’ignoto. Le paure sono infatti legate a presenze misteriose, fantasmi, spettri, anime vaganti che si aggirano nottetempo in luoghi solitari. Il racconto che forse costituisce un esempio perfetto di questo genere fiabesco è “Il giocatore di dadi”. Protagonista è un barrocciaio che, fermatosi in un’osteria, a giocare a dadi, si trovò ben presto senza neppure uno spicciolo in tasca. Si mise allora a urlare tali bestemmie che perfino i compagni di gioco si fecero più volte il segno della Croce. Volendosi rifare della perdita e accecato dalla rabbia, invitò i presenti ad accettare come posta i barili di vino che aveva sul barroccio in sosta sotto la tettoia della stalla. Nessuno volle accettare. Molti avventori presero a sfollare facendo finta di non sentirlo e in breve intorno a lui si fece vuoto. Il carrettiere era rimasto solo a imprecare al suo tavolo quando entrò un tale che nessuno aveva mai visto prima, con uno sguardo maligno e scarponi chiodati. Sentendo il carrettiere urlare decise di giocare uno scudo contro quella grazia di Dio. Il carrettiere vinse e vinse ancora parecchie volte sfilando al compare un bel gruzzolo dalle tasche che pareva non avessero fondo. Quando però imbaldanzito volle alzare la posta, cominciò a perdere e in poco tempo ci rimise tutto quello che aveva vinto col carico di vino, il barroccio e il cavallo. Smarrita la ragione, si giocò la moglie. Il carrettiere perse ancora e, recuperato un barlume di ragione, scoppiò in un pianto dirotto mettendosi le mani nei capelli. Non sveleremo come finisce la storia ma è certo che anche il più smaliziato dei lettori non rimarrà immune da qualche brivido di paura.


Simona Trevisi

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