“Il lavoro è da sempre il segno distintivo di ogni essere umano”, parla Stefano Beccastrini

il 14/04/2014 - Redazione

Terra operosa e terra operaia. Questa è sempre stata la Toscana fin dalle sue più antiche origini, quelle stesse origini che Stefano Beccastrini e Franco Vigni hanno raccontato nel libro “C’era una volta il lavoro. I lavoratori di Toscana sullo schermo del cinema” (Aska Edizioni). Un viaggio nella storia lavorativa della regione, usando come grimaldello la settima arte e quei film che i grandi cineasti hanno dedicato a questo particolare aspetto della vita toscana.

«Il libro è dedicato al lavoro – racconta Beccastrini – ed è centrato sulla Toscana perché in questo modo è stato possibile realizzare un’analisi seria e accurata. Abbiamo affrontato il tema con un approccio sia spaziale che temporale, cioè sia geografico che storico. È evidente infatti che nelle varie zone della Toscana ci siano tradizioni diverse, penso alla metallurgia nel Piombinese, che affonda le sue radici fino all’epoca etrusca; oppure penso al settore tessile a Prato, presente anche nel Medioevo e ora in mano soprattutto a lavoratori cinesi. Allo stesso tempo però anche l’aspetto temporale è molto affascinante, abbiamo seguito lo sviluppo delle tecniche produttive attraverso l’elettrificazione, la rivoluzione industriale e così via. Il senso che sta alla base del libro è quello di descrivere cosa è cambiato nel tempo e cosa invece è rimasto uguale fino al giorno d’oggi, cioè quando il lavoro non c’è o se c’è è fortemente precarizzato”.
La storia ci fa vedere da dove siamo passati per capire dove stiamo andando. In questo senso il suo libro può mostrarci un possibile futuro per il lavoro in Toscana?
«Credo che i processi di globalizzazione e precarizzazione in atto non siano reversibili, ma allo stesso tempo non siano nemmeno completamente da ripudiare, come tutte le cose hanno i loro pregi e i loro difetti. La Toscana non riuscirà a rimanere indenne da questi fenomeni, non sarebbe neanche giusto in effetti, ma è anche vero che è dotata di una società civile e di una classe lavoratrice che viene da secoli di cultura e lotta per il lavoro. Da questo punto di vista ci sono altre zone d’Italia messe molto peggio, penso al Meridione dove la situazione è tragica”.
Una fine triste per un’attività che dovrebbe tirare fuori il meglio da ogni uomo…
«Uno dei motivi per cui questo libro è stato scritto era proprio far vedere come in qualunque epoca il lavoro sia stato l’elemento centrale dell’uomo. Non è solo ciò che gli dà il necessario per vivere, ma gli consegna anche la dignità, lo distingue dagli animali. Il lavoro è il segno distintivo dell’essere umano, in grado di plasmare la materia attraverso progetti e disegni. Questa consapevolezza è andata persa negli ultimi anni a favore di altre come la centralità dell’impresa e del tempo libero. Il lavoro deve tornare al centro dell’attenzione”.
Sicuramente parlare di lavoro attraverso il cinema è una scelta originale, quali film avete preso in considerazione?
«Abbiamo analizzato qualche centinaio di pellicole, per far vedere come il cinema abbia saputo mostrare il mondo del lavoro. Si passa da Francesca Archibugi, con le sue opere tratte da Tozzi su un’epoca in cui in Toscana il mestiere principale era quello agricolo, a Bolognini, il cui primo film s’incentrò su uno sciopero femminile. Ma anche il cinema di Virzì, con la sua attenzione al mondo dei precari, oppure “L’ Età del ferro” con cui Rossellini mostra come gli antichi forgiavano il ferro. Abbiamo cercato di realizzare un affresco su come il lavoro sia stato mostrato attraverso lo schermo cinematografico, in quanto il cinema non è solo evasione, poesia e arte, ma anche uno strumento di conoscenza della nostra Italia e della nostra Toscana”.

Francesco Anichini

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