Il carneplastico e altre ricette per una cena futurista. Intervista a Patrizia Ciolfi, docente all'Istituto alberghiero

il 11/05/2009 - Redazione

Scrittori e poeti di tutti i tempi sono stati attenti agli odori, ai colori e ai sapori dei cibi e delle vivande che contraddistinguono la tradizione enogastronomica italiana. Molte pietanze e altrettanti vini hanno incantato il palato e la penna degli uomini e delle donne che hanno saputo fare della gastronomia la poesia di molte pagine. Nasce da questa constatazione l’idea della professoressa Patrizia Ciolfi, insegnante di italiano e storia nel corso di ristorazione dell’Istituto Alberghiero “Pellegrino Artusi” di Chianciano Terme, di approfondire il tema della letteratura legata alla gastronomia. “Ogni volta che dall’arte e dalla letteratura si passa alla ricetta – sostiene la prof.ssa Ciolfi - nasce la possibilità di offrire ai ragazzi una pregnante preparazione culturale”. L’idea di creare un trait d’union tra la letteratura e l’enogastronomia è una prassi consolidata nell’Istituto Alberghiero di Chianciano, in cui “gli studenti non vengono considerarti come dei meri esecutori” continua la Ciolfi, aggiungendo che “in questo tipo di scuola è facile unire la teoria con la realizzazione pratica”. In occasione del centenario del Futurismo, proprio il 20 febbraio scorso ricorrevano cento anni dalla pubblicazione del “Manifesto del futurismo” firmato da Filippo Tommaso Marinetti, l’Istituto “Artusi” di Chianciano ha promosso uno studio interdisciplinare che ha coinvolto materie culturali e pratiche.

Come è stato festeggiato il centenario del Futurismo al “Pellegrino Artusi”?
“Abbiamo realizzato un progetto di studio che ha coinvolto tutte le classi quinte, quest’anno ne abbiamo quattro. Dopo una conferenza con immagini e testi della gastronomia futurista, l’impegno della storia dell’arte, scienze dell’alimentazione, lettere e cucina, è stato elaborato un menu sul quale si è basata la cena futurista”.
Qual’era il rapporto tra gastronomia e Futurismo?
“Per i futuristi la cucina era una forma di espressione artistica, proponevano dei piatti che definivano complessi plastici saporiti, ovvero sculture da mangiare. Nell’atto del mangiare per i futuristi era importante il coinvolgimento di tutti i sensi, tanto che chiedevano l’abolizione del coltello e della forchetta per esaltare il tatto, la vista e l’udito. Potremmo sintetizzare il rapporto tra Futurismo e cucina dicendo che a tutti gli effetti la cucina era un’espressione artistica. Ai miei ragazzi spiego che per i futuristi il piatto è la tela e il cibo sono i colori. Il piatto deve essere come prima cosa bello da vedere, con particolari accostamenti cromatici”.
I futuristi proponevano l’abolizione della pastasciutta, perché?
“Secondo loro rendeva fiacchi, quindi la pasta era considerata in aperto contrasto con l’esaltazione della dinamicità e del movimento, caratteristiche fondamentali del futurismo. Volevano un cibo nuovo per l’uomo nuovo, si gettavano in quel periodo le basi per la cucina molecolare”.
Qual è una ricetta del Manifesto della cucina futurista pubblicato nel 1930?
“Il Carneplastico, creato dal pittore futurista Fillìa, è composto di una grande polpetta cilindrica di carne di vitello arrostita ripiena di undici qualità diverse di verdure cotte. Questo cilindro disposto verticalmente nel centro del piatto, è coronato da uno spessore di miele e sostenuto alla base da un anello di salsiccia che poggia su tre sfere dorate di carne di pollo”.
Non solo Futurismo per l’Alberghiero di Chianciano Terme, unica scuola nel suo genere in tutta la Provincia di Siena, che questo giovedì ha organizzato un Convegno sull’importanza dei prodotti locali e della filiera corta. Patrizia Ciolfi come altri insegnanti si impegnano per offrire agli studenti un’antologia saporita di accostamenti letterari e artistici, per trasformare ogni piatto in un’esperienza gustosa e culturale.

Elisa Manieri

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