“Il Barbarossa è integrazione”. Parla Lorenzo Benocci, coautore del libro sulla festa di San Quirico

il 06/09/2010 - Redazione

La Festa del Barbarossa, che proprio ieri a San Quirico d’Orcia ha vissuto il clou dei festeggiamenti per la 50esima edizione, è finita in un libro, “Il Barbarossa – Cronache e protagonisti di una festa” (primamedia editore), scritto da Lorenzo Benocci e Paolo Saletti. Il volume ripercorre il fatto storico, i cambiamenti di un evento che in mezzo secolo ha cambiato le abitudini dell’intera cittadina, attraverso resoconti puntuali, le immagini, le cronache, i protagonisti, i Quartieri, descrivendo i luoghi ed i sapori della cucina tipica.

Come è nata l’idea di questo libro?
"Era la metà degli anni Novanta, quando con l’amico Paolo Saletti, chiedemmo al professor Orfeo Sorbellini, il padre della Festa, del perché non avesse mai scritto un libro sul “suo” Barbarossa, pur essendo lui un autore di molte pubblicazioni e giornalista. Rispose che non ci aveva mai pensato troppo seriamente, ma che, prima o poi, andasse fatto, anche perché lo riteneva necessario per non disperderne la memoria. Ci chiese di farlo insieme, e così iniziò un primo lavoro di ricerca, ma purtroppo quell’idea non si concretizzò. Oggi, la data del cinquantesimo ci è sembrata l’occasione giusta, l’ultimo treno da non perdere".
Nel volume una minuziosa ricostruzione anno per anno attraverso materiale inedito. Che lavoro è stato?
"E’ stato un viaggio suggestivo nella macchina del tempo. La possibilità di consultare documenti originali che ci ha lasciato Sorbellini e le pagine di quotidiani d’epoca, mi ha fatto conoscere uno spaccato della storia locale davvero affascinante, ed apprezzare aspetti della Festa che non conoscevo". Come è proceduto il lungo lavoro di ricerca prima della stesura delle pagine?
"La Festa non ha avuto fino ad oggi un archivio ufficiale, la mancanza di fonti è stato il principale problema. Quindi è stato necessario consultare tutti i quotidiani locali che dal 1962 ad oggi abbiano scritto di Barbarossa, e incrociare le informazioni con i ricordi e gli aneddoti dei molti sanquirichesi intervistati, oltre ai video e al materiale del Sorbellini e del Comune. Per la ricerca dei nomi e delle fotografie è stata fondamentale la collaborazione di tanta gente dei Quartieri e dei loro Capitani; senza di loro il libro non sarebbe potuto nascere. Oltre al contributo dei fotografi locali".
Che valore ha una festa nel tessuto sociale e tradizionale di una cittadina?
"San Quirico è una realtà da sempre aperta per chi viene da fuori. La dimostrazione è che dal dopoguerra ad oggi la popolazione sia sempre sensibilmente aumentata anno dopo anno, segno di opportunità di lavoro e di integrazione. La Festa, e i suoi Quartieri in particolare, rappresentano senza dubbio il primo approdo sociale, insieme alle altre realtà di volontariato. Il Barbarossa vuol dire integrazione, tanto che molti dei ragazzi protagonisti della Festa sono originari di Romania e Albania, o di diverse regioni italiane".
Che valore ha invece raccontare in un libro il senso di una tradizione che hai vissuto e vivi in prima persona?
"E’ necessario in primis mettere da parte le emozioni personali. Dopo di che tutto è più facile, raccontando l’evento con il linguaggio della cronaca, che non obbligatoriamente deve essere freddo e distaccato. Una volta terminato, il libro non è più tuo, ma dei lettori e della comunità.
Quali sono state le risposte dei tuoi concittadini?
C’è stata una grande attenzione ed interesse, molta collaborazione da parte di singole persone che hanno voluto portarmi un ricordo o una foto della loro esperienza. E ciò è stato fondamentale per il risultato finale".

Simona Trevisi

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