A poco più di un mese dalla scomparsa di Mario Verdone, Sienalibri ha deciso di ricordarlo pubblicando un’intervista rilasciata ad Anna Savelli sul settimanale Il Campo di Siena il 16 dicembre 1999, dal titolo “I miei ricordi senesi”.
Si rinnova il legame tra Mario Verdone e Siena. Il grande storico e critico teatrale e cinematografico, venerdì 17 dicembre, sarà alla libreria Tempolibro di via del Casato per presentare, insieme a Ranieri Carli e Carlo Fini, il suo ultimo libro “Raoul e altri racconti”. “commedie, vernacoli prettamente senesi, poesie…il mio legame con la scrittura è fortissimo. Scrivo sempre, soprattutto quando sono in viaggio. Appena mi siedo in aereo, ad esempio, controllo che nella tasca del sedile ci sia “quel sacchetino” che diventa improvvisamente il mio quaderno di appunti, e così comincio a scrivere”.
Anche in questo volume è presente il suo rapporto con Siena?
“Alcuni dei racconti sono ispirati a situazioni senesi, altri sono ambientati anche altrove, proprio per questa forte connessione che c’è in me tra scrittura e viaggio”.
La sua vita è legata al cinema in generale, a quello futurista in particolare. Cosa c’è di cinematografico in “Raoul e altri racconti”?
“C’è senz’altro qualcosa di molto visivo…il mio modo di scrivere è legato all’immagine , non solo nella narrativa, ma anche nella critica. Deploro fortemente i critici cinematografici che si lanciano in grandi ragionamenti senza riuscire a ‘far vedere’ il film al lettore. So che è difficile ma è quello che, forse, andrebbe fatto. Dico ‘forse’ perché non me la sento mai di dare giudizi radicali. Nella mia vita ho alcuni punti di riferimento che cerco di tenere sempre presenti: il dubbio mi è stato insegnato dal mio maestro Norberto Bobbio, la sopportazione dal Dalai Lama che ho conosciuto durante un viaggio in India, la mobilità da Erasmo da Rotterdam e, non ultima, la flessibilità grazie alla quale non si soffre e non si fa soffrire. Comunque, tornando a Raoul, ci sono alcuni riferimenti espliciti ed impliciti al mondo del cinema. Dal racconto ‘La vacca indiana’, ad esempio, che ho scritto in India, due miei allievi hanno tratto un cortometraggio a metà tra fiction e documentario, dal titolo ‘Racconto indiano’; un altro, ‘Una ragazza dell’Academy’, è autobiografico e racconta di un fatto strano che mi è realmente accaduto al festival di Karlovy Vary: rividi un’amica di Sidney ‘dentro’ un fil…e nel racconto ripercorro un po’ questa storia…”.
“Raoul e altri racconti” si distingue per un’attenzione spiccata nei confronti dei sentimenti, delle emozioni….
“Cerco sempre di entrare nelle pieghe dell’animo umano, senza schematismi (e qui torna il concetto di flessibilità). Vorrei proprio che di questo libro si cogliesse il senso dell’umanità, del peso che ha il caso nella nostra vita, della forza dei sentimenti”.
Raoul a parte…gli scritti di ispirazione senese hanno radici lontane…
“Sì, sono radici che affondano nella mia amicizia con Silvio Gigli. Insieme facevamo il numero unico del Palio, il ‘Daccelo’, per il quale scrivevo atti unici. Tra i primi – siamo nel 1942 – ricordo ‘I braccialetti nuovi’, ‘Carrozza e stalliere’, che fu poi trasmessa dall’Eiar. In generale trattavano usi e costumi cittadini degli anni ’30 e ’40 andati poi a scomparire. Una in particolare, ‘Il rinoceronte’, nasce in modo piuttosto buffo: nel 1962 la Rai trasmise la commedia di Eugène Ionesco ‘Il rinoceronte’. Ugo Periccioli, all’epoca pro priore della Selva, mi chiese di scrivere una protesta al signor Ionesco, ma la commedia ‘La gloria del rinoceronte’: l’animale si rifiutava di ricevere il grande scrittore e, un po’ stizzito, gli mostrava la sua storia di animali eletto e di nobili radici fin dai tempi degli egizi. Ionesco, alla fine, ammetteva il proprio errore e così il rinoceronte vittorioso (la Selva aveva vinto il Palio), accettava di uscire a braccetto con lui”.
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