Cosa succede se un gruppo di anziani, con a capo un ex partigiano, si sente dimenticato e vilipeso dal Governo del proprio paese? Può darsi che, sotto quei cappotti di lana grossa e le scarpe consumate, si nasconda ancora un cuore indomito, uno di quelli che credeva, e forse crede ancora, che non è stato inutile provare a conquistare una “rossa primavera”. Fabio Bartolomei, romano, è al suo secondo romanzo, anche stavolta pubblicato dalla casa editrice e/o. Dopo “Giulia 1300” – ben accolto dalla critica e dai bloggers – ecco “La banda degli invisibili”. Una storia di amicizia, un tentativo di riscatto sociale, attraverso una azione eclatante: il rapimento di un presidente del consiglio che è più scortato dello stesso presidente degli Stati Uniti. Bartolomei, che di mestiere fa il pubblicitario, a dispetto del proprio lavoro è un tipo schivo e di poche parole. Poche, ma felici e azzeccate, così come i suoi personaggi ai quali è facile affezionarsi.
Iniziamo proprio dal titolo: c’è un riferimento alla condizione degli anziani?
“Sì, ha a che fare con la condizione degli anziani e di tutte le fasce deboli della popolazione che stentano a far emergere i loro problemi, a farsi ascoltare e quindi, a tutti gli affetti, vivono da invisibili”.
Angelo, il personaggio principale, è un ex partigiano che non ha perso la voglia di lottare per i suoi diritti…
“Quelle persone che a vent’anni hanno deciso di rischiare la vita per il bene del Paese sono persone speciali, con una fiamma interiore che possiamo riconoscere ma non comprendere fino in fondo. Ho immaginato che tanta energia possa sopirsi con l’età ma non spegnersi mai completamente”.
Partigiano, pensionato, anziano. Nessuna di queste situazioni appartiene all’autore: come è riuscito a rendere credibile le figure che muovono la storia del romanzo?
“Mi verrebbe da dire perché sono vecchio dentro, e forse in parte è anche vero, ma più seriamente credo di non aver avuto nessuna difficoltà nel lavoro di immedesimazione perché gli anziani mi piacciono, li ho sempre considerati una compagnia piacevole e in tutta la mia vita non mi sono mai sottratto a una bella chiacchierata con uno di loro, anche se sconosciuto”.
L’idea di giustizia passa attraverso una azione coercitiva; con le buone maniere non si ottiene nulla?
“Il rapimento ha un valore simbolico: se i politici non hanno voglia di avvicinarsi ai cittadini ci penseranno i cittadini ad avvicinarli. In realtà credo che con le buone maniere si ottenga poco, ma credo anche che non ci sia alternativa. La mobilitazione di massa pacifica e costante è la forma di lotta più rivoluzionaria che esista”.
Che differenze può indicare rispetto all’esordio di Giulia 1300?
“Sono due storie di resistenza umana, diverse nello spirito perché molto diversi sono i personaggi e i mondi a loro collegati. Stilisticamente La banda degli invisibili procede con capitoli più brevi e scollegati perché mi sembrava che questo stile narrativo meglio si prestasse a raccontare la vita degli anziani e le lunghe pause, tra un evento significativo e l’altro, che la contraddistinguono”.
In un mercato dove si pubblicano centinaia di titoli al mese con lettori che scarseggiano sempre più, quante speranze ha un autore di vedere un acquirente che pesca il suo volume dagli scaffali di una libreria?
“La speranza di un autore sono i librai. Se il tuo libro conquista loro conquisterà anche i lettori che si fidano di lui. Magari non sarà il più efficiente in termini di vendite ma sicuramente è il meccanismo più virtuoso e gratificante. E uscendo dalla libreria il discorso è estensibile ai blogger più appassionati che dedicano attenzione agli esordienti e alla piccola e media editoria”.
E’ il secondo romanzo pubblicato con la e/o; rispetto all’esordio è stato tutto più facile, è cresciuto un rapporto di fiducia reciproco?
“Con la e/o è stato tutto facile dall’inizio. Fiducia e rispetto erano sul tavolo dal primo minuto, insieme al contratto. Con il tempo sono cresciute la stima e soprattutto la consapevolezza che ho avuto proprio una fortuna sfacciata. Perché sentire il sostegno degli editori sarà anche normale, ma sentire il sostegno continuo e sincero di un’intera casa editrice è qualcosa di speciale”.
Ha consigli da dare a chi ha un romanzo nel cassetto?
“Prendete l’amico di cui vi fidate di più e fategli leggere il vostro romanzo senza dirgli che l’avete scritto voi. Prima di spedirlo alle case editrici è meglio avere un parere onesto, che non sia il vostro. Poi non c’è altro da fare, inviarlo e aspettare. Se vi dovessero arrivare delle richieste di pubblicazione a pagamento prendetevi la soddisfazione di ignorarle perché magari il vostro romanzo non sarà eccelso ma la passione che avete messo nella scrittura merita rispetto”.
Valerio Cattano
SOTTOTORCHIO
LIBRO E AUTORE PREFERITO
“Furore” di John Steinbeck.
L’ULTIMO LIBRO LETTO
“La malora” di Beppe Fenoglio
IL LIBRO DA CONSIGLIARE AI LETTORI
A scelta, un premio nobel: John Steinbeck con “Furore”; o un esordiente: Ago Panini con “L’erba cattiva”
LEGGERE E’…
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