“Questa comedia, per quanto io ne abbia inteso, la chiamano L’ingannati: non perché fusseno mai ingannati da voi, no, ché mai non l’ingannaste e vi conoscan pur troppo bene (…), ma la chiamano così perché poche persone intervengono nella favola che, nel compimento, non si trovino ingannate”. Così si legge nel prologo della famosa commedia cinquecentesca de “Gl’Ingannati”, opera collettiva dell’Accademia degli Intronati rappresentata per la prima volta nel 1532 a Siena, all’interno del Palazzo Comunale, e considerata una pietra miliare nella storia del teatro italiano, tanto da essere tradotta e adattata in molte lingue e da divenire una delle fonti di ispirazione di William Shakespeare per la stesura della commedia “La dodicesima notte”.
Sempre dal prologo si capisce come l’opera sia chiaramente indirizzata alle nobilissime donne presenti in sala: “Quanto ha di bello il mondo, senza dubbio, è oggi in Siena; e quanto ha di bel Siena si truova al presente in questa sala. (…) Ora eccovi mostro come gli uomini non vedranno né udiranno questa comedia, se non son ciechi; (…) Ma voi, donne, la vedrete e odirete benissimo perché, in vero, non vi conosciamo tanto cortesi che vi siate per perdere o uscir di voi stesse nel mirarci”. Come si può intendere dal titolo, la trama della commedia è fitta di inganni e tanti sono gli equivoci, i colpi di scena e gli esilaranti fraintendimenti da farla assomigliare alle grandi commedie all’italiana, su tutte quelle con protagonista Totò, il principe della risata. Il luogo d’azione è Modena ma non mancano i riferimenti alla città del Palio. Al centro dell’inganno c’è il vecchio Gherardo innamorato della figlia dell’amico Virginio, la tredicenne Lelia, che per sfuggire al matrimonio combinato si traveste da ragazzo e, con il nome di Fabio, fugge dal convento in cui è stata rinchiusa. Entrata a servizio del cavaliere modenese Flamminio, di cui è innamorata, Lelia/Fabio diviene suo paggio ed è utilizzato da Flamminio per recapitare i suoi messaggi d’amore all’ereditiera Isabella, figlia di Gherardo. Isabella, a sua volta, si invaghisce di Fabio/Lelia che non respinge le sue avances allo scopo di allontanarla da Flamminio. All’inizio del terzo atto arriva il colpo di scena: giunge a Modena il fratello gemello di Lelia, Fabrizio, che tutti credevano morto dopo il sacco di Roma. La commedia assume toni boccacceschi allorché Fabrizio viene scambiato per Lelia travestita da uomo e Virginio, credendo di avere a che fare con la figlia, lo rinchiude in casa di Gherardo e per la precisione nella stanza di Isabella. Quest’ultima, credendolo il paggio Fabio, gli si concede e Flamminio, da parte sua, si infuria con il paggio per essersi lasciato corteggiare da Isabella. L’intrigo si scioglie quando Lelia confessa di aver agito per amore e le due coppie – Fabrizio/Isabella e Flamminio/Lelia - possono finalmente convolare a giuste nozze. Il più classico degli happy-end.
Simona Trevisi
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