«L’Euro ci obbligherà a introdurre un nuovo set di strumenti di politica economica. È politicamente impossibile proporre ciò ora. Ma un giorno ci sarà una crisi e nuovi strumenti saranno creati». Era Romano Prodi, in tempi non sospetti, a parlare così riguardo a una moneta unica che fin dagli esordi era apparsa traballante a molti analisti. A dodici anni dall’inizio della sua circolazione ci ritroviamo alle prese con un’elezione del Parlamento Europeo che risente pesantemente del cammino recente dell’unione monetaria.
Ue e studenti - Durante il mio percorso universitario mi sono trovato molte volte ad analizzare i pro (molti) e i contro (altrettanti) dell’Unione Europea, sempre però giungendo alla conclusione che, pur con tutti i problemi che si porta dietro, fosse un progetto in cui dover credere fino in fondo. Il problema però è che negli ultimi anni a perdere la speranza nell’Unione sono stati proprio gli studenti, quelli che vedendo arrivare sempre più vicina la data di scadenza dei propri studi si rendono conto di non avere niente in mano per poter sopravvivere nel proprio paese. Nell’orgia di commenti post elettorali c’è stata una costante sottovalutazione di un fenomeno che ha pesato non poco nel risultato finale: gli studenti fuori sede non sono infatti ritornati nelle proprie città per votare, se non in percentuale molto bassa. Questo è sintomatico di come il Parlamento Europeo, nonostante i suoi trentacinque anni di vita, non sia ancora riuscito a “farsi capire” all’elettorato, neanche da quello più giovane. In pochi ne comprendono l’utilità, ancora di meno sono disposti a sacrificare il proprio tempo per lunghi spostamenti in modo da poterne eleggere i rappresentanti.
Euroscetticismo - E’ un fatto che negli ultimi anni la ventata euroscettica si sia innalzata sospinta dal soffio della crisi economica: in Francia vince un partito apertamente filo fascista, in Grecia uno di sinistra ma marcatamente anti austerità e così via fino ad arrivare a risultati in Ungheria che premiano addirittura un partito che propone la schedatura degli ebrei. Sono risultati che possono sorprendere fino a un certo punto se consideriamo l’incredibile immobilismo dimostrato dalle istituzioni europee davanti a una delle peggiori crisi economiche di tutti i tempi. Austerità e rigore non sono argomenti facili da far digerire all’elettorato e in più i leader dell’Eurozona si sono dimostrati totalmente inadatti nel difendere la moneta unica dagli attacchi più populisti. Il risultato è sotto gli occhi di tutti: mentre l’Italia si scopre all’improvviso un paese politicamente stabile tutto intorno ‘il mondo brucia’, a eccezione della sempre inossidabile Germania.
Futuro prossimo e remoto - Da almeno tre anni assistiamo a teatrini televisivi in cui i leader politici di turno affermano che faranno sentire le proprie ragioni anche sul tavolo europeo. Lo hanno affermato Monti, poi Letta e infine Renzi. Niente ancora è stato fatto da questo punto di vista e fa riflettere se consideriamo che ogni grande spinta all’integrazione europea è sempre arrivata da una collaborazione italo-franco-tedesca. Ora che la Francia è più debole che mai solo un asse Roma-Berlino sembrerebbe possibile, ma è praticabile? Nel frattempo ragazzi e studenti continuano a vivere nella speranza di un futuro migliore che a conti fatti potrebbe non arrivare mai. Per questo emigrano, scappano o a volte resistono. Spesso e volentieri a guidarli c’è l’astio e il risentimento nei confronti di una classe politica che solo a parole si cura di loro. Chi gli può dare torto?
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