Una grande prima nazionale al Teatro Romano di Fiesole. Venerdì 19 e sabato 20 giugno va in scena “Medea” con la regia di Gabriele Lavia, lo spettacolo della diversità e dell’istinto attraversati da folgoranti visioni tragiche. La Fondazione Teatro della Toscana e il Teatro Stabile di Napoli presentano un lavoro che scava nell’animo umano e nei grandi interrogativi della vita, evento speciale dell’Estate fiesolana 2015.
Lo spettacolo - Medea è uno dei personaggi più celebri del mondo classico, per forza drammatica, complessità ed espressività. Euripide la mette in scena nel 431 a.C. e per la prima volta nel teatro greco protagonista di una tragedia è la passione, violenta e feroce, di una donna. Forte, perché padrona della sua vita, tanto da distruggere tutto quello che la lega al suo passato. Gabriele Lavia legge oggi nel capolavoro euripideo il viaggio verso un personaggio sradicato in un paese straniero. La scena si svolge a Corinto, dove Medea vive con Giasone e i loro due figli. La donna ha aiutato il marito nell’impresa del Vello d’oro e abbandonato il padre Eeta, re della Colchide e fratello di Circe. Dopo dieci anni, però, Creonte, re della città, vuole offrire sua figlia Glauce in sposa a Giasone, dandogli così la possibilità di successione al trono. Giasone accetta e abbandona Medea. Malgrado la disperazione e vista l’indifferenza di Giasone, la donna medita una tremenda vendetta. Fingendosi rassegnata, manda in dono un mantello alla giovane Glauce, la quale, non sapendo che in realtà è pieno di veleno, lo indossa per poi morirne fra dolori strazianti. Il padre Creonte, corso in aiuto, tocca anch’egli il mantello, e muore. Ma la vendetta di Medea non finisce qui: per assicurarsi che Giasone non abbia discendenza, uccide i figli avuti con lui condannandolo all’infelicità perpetua. Creatura di passioni e di istinti che si direbbero disumani se non fosse così potentemente e intimamente donna, Medea è quasi una forza della natura allo stato essenziale, che la ragione serve soltanto a rendere consapevolmente feroce, senza poter imporre alcun freno all’animo indomito. Ciò che la sconvolge non è la gelosia, pur furiosa, ma è l’istinto di conservazione: non si uccide né uccide Giasone ma elimina tutto ciò che è di ostacolo fra di loro. I figli le erano cari non perché li avesse partoriti, ma perché erano il frutto e il pegno dell’amore per Giasone. Già prima, innamorata di lui, non aveva esitato a uccidere il fratello. Medea è vittima della “paura dell’estraneo”, straniera in terra straniera viene vista come un pericolo e, per vendetta, alla fine lo diventa. Giasone, al contrario, è quasi sminuito, tanto da ottenere la fama di seduttore che spingerà Dante a collocarlo nell’Inferno. Sembra che per lui l’amore rappresenti soltanto un mezzo di conquista, da eroe scade al rango di uomo egoista e meschino, che crede di giustificare il suo comportamento attraverso la sua capacità oratoria. Euripide riesce quindi nella difficile impresa di motivare psicologicamente una donna che è l’antitesi della ragione. Affermandone la dignità, concetto che stava prendendo forma nell’Atene dell’epoca.
In scena - Federica Di Martino, dopo “Le troiane” e “Andromaca”, interpreta Medea, mentre Daniele Pecci, imponente e tirannico Edipo nel 2013 al Teatro Greco di Siracusa, è Giasone. Umberto Ceriani è Creonte, Angiola Baggi la Nutrice, Pietro Biondi il Pedagogo, Gabriele Anagni il Messaggero. Il coro è formato da quattordici giovani attrici. Figure di importanza fondamentale per la trama, quali i figli della coppia, interpretati da Sofia De Angelis e Giulia Horak, sono continuamente presenti (tanto nei discorsi dei personaggi quanto sulla scena), senza però mai esprimersi direttamente.
Biglietti - Posto unico: intero 24€, ridotto 20€ (under 26, over 60, abbonati Teatro della Pergola) e 16€ (soci Unicoop Firenze valido solo per la data del 20 giugno).
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