Editori senesi e Legge Bavaglio

il 17/10/2011 - Redazione

Nel 1455 a Magonza Gutenberg inventava la stampa a caratteri mobili rivoluzionando il mondo del libro. Ad oltre mezzo millennio di distanza il mondo del libro, quello italiano, si interroga sull’opportunità di un disegno di legge che ha suscitato non tanto un’accesa discussione alla Camera dato che ne è stato rinviato l’esame, quanto un acceso dibattito tra editori, scrittori, blogger e giornalisti. Il disegno di legge in questione è quello sulle intercettazioni comunemente definito “Legge bavaglio”. E da Francoforte, non lontano da quella Magonza di Gutenberg, alla vigilia della più grande fiera del libro europea, si è alzata la voce degli editori italiani contro il provvedimento legislativo non ancora in vigore. Che prenda vita o cada nel dimenticatoio, il disegno di legge sulle intercettazioni rende inquieto il panorama editoriale italiano a tal punto che su iniziativa dei vertici di alcune case editrici (Minimum Fax, Laterza, Mauri Spagnol) è stato lanciato un appello di firma ad un documento di protesta contro il ddl e a favore della libertà di informazione. Con il passare dei giorni numerose sono state le prese di posizione a favore dell’appello tra cui Rcs, Feltrinelli, Giunti, Newton Compton, Dalai e tanti altri. Non sono mancati di pari passo anche i contrari come Marsilio, Moranti, Liberilibri e altri. Una spaccatura, insomma, ancora una volta agli occhi di chi ci guarda oltreconfine curiosando tra i titoli della Buchmesse e ancora una volta dopo il primo appello in favore della libera informazione e dell’esercizio della critica dei cittadini lanciato in occasione della Fiera del Libro di Torino 2010.

Il testo dell’appello - “L'attuale maggioranza di governo sta per approvare in Parlamento una legge che vieta la pubblicazione delle intercettazioni disposte dai magistrati (anche dopo la loro divulgazione alle parti del processo). Una legge – tanto per fare un esempio - secondo cui un'intercettazione potrebbe essere letta in pubblico dall'avvocato della persona intercettata ma non potrebbe essere pubblicata su un giornale. Una legge – per fare un altro esempio – secondo cui la replica di parte prevale sulla ricostruzione di giornalisti e autori neutrali, inquinando proprio l'informazione più responsabile e professionale. Negli ultimi anni i tentativi di restringere in maniera drastica il diritto di informazione dei cittadini ha suscitato una vasta opposizione nel nostro paese che ha attraversato le più diverse categorie sociali e professionali. Significativamente, anche a livello internazionale, i provvedimenti proposti in Italia dall'attuale maggioranza sulle intercettazioni hanno sollevato forti perplessità perfino da parte di qualificati rappresentanti di istituzioni quali l'Osce, l'Onu e l'Unione Europea. Nel maggio 2010, in occasione del Salone del libro di Torino, quasi 200 editori italiani di ogni categoria, dimensione e orientamento culturale (insieme a decine di librai in tutta Italia), pur riconoscendo la necessità di tutelare la privacy dei privati cittadini, promossero un appello a difesa della libera informazione e dell'esercizio della critica dei cittadini. Un bene prezioso a cui gli editori tengono particolarmente visto che la libertà di conoscenza è sempre stata strettamente legata alla diffusione dei libri e alla realizzazione di una piena democrazia. Alla vigilia della Fiera internazionale del libro di Francoforte - dove potremo condividere la nostra preoccupazione con i colleghi editori di tutto il mondo - chiediamo al Governo e al Parlamento di recedere da questo nuovo tentativo di bloccare la diffusione di conoscenze rilevanti e significative sugli atti processuali”.

L’inchiesta - Abbiamo quindi indagato su quali fossero le posizioni a tale proposito delle diverse case editrici senesi. Non tutti hanno risposto o voluto rispondere, di seguito coloro che hanno voluto dare il loro contributo al dibattito.

Pascal Editrice – “Come Pascal abbiamo già aderito all’appello di Francoforte – sottolinea Fausto Tanzarella -. Certamente la “legge bavaglio” costituirebbe un vincolo soffocante per il lavoro degli editori, e non solo di quotidiani e periodici come molti credono. Senza l’utilizzo del materiale emergente dalle intercettazioni, molti libri che nell’ultimo decennio hanno documentato inquietanti risvolti di realtà come mafia, corruzione nel mondo degli affari, malcostume politico, non avrebbero visto la luce. Particolarmente esposti sarebbero i piccoli editori privi dei mezzi patrimoniali e dunque delle risorse legali per fronteggiare la minaccia. Tuttavia, al di là della questione tecnica e professionale per noi editori, la legge bavaglio pone un problema di natura ideale che riguarda tutta la nostra società, tutti i cittadini: sotto attacco è la libertà di espressione! Questa legge violerebbe la nostra Costituzione, mortificherebbe la nostra democrazia; impedirebbe a giornalisti e scrittori di fare il proprio mestiere; impedirebbe ai cittadini di essere informati. Sappiamo tutti che esiste la possibilità di tutelare la riservatezza delle comunicazioni senza compromettere la liberta di stampa. Ma sappiamo tutti che la tutela della riservatezza non è il vero obiettivo di questa legge. La legge bavaglio porterebbe l’Italia fuori dal modello culturale e giuridico europeo e occidentale, associandoci a quei Paesi a “democrazia affievolita” come Russia o Bielorussia, che non a caso sono tanto amati e frequentati da chi vuole imporci questo bavaglio”.

Lalli Editore – “Possiamo soltanto augurarci che, in Parlamento, il ddl subisca sostanziali modifiche perché così come si presenta attualmente è molto penalizzante – risponde Antonio Lalli - , soprattutto per i giornali, ma anche per l'editoria in generale. La pubblica opinione ha il diritto ad essere informata ed i giornalisti hanno il dovere di informarla. Perciò non può passare una legge che lede tali diritti”.

Edizioni Agemina - “Legge bavaglio, un furto al diritto d’informazione, un illecito inammissibile, una mortificazione per chi lavora con la stampa e si vede privato della libertà di pubblicare notizie di interesse pubblico – interviene Pina Vicario -. Chi ha paura delle intercettazioni? Se il provvedimento diventasse esecutivo, non solo saremmo danneggiati tutti, piccoli e grandi editori, ma il nostro Parlamento dovrebbe mascherarsi di fronte ai Cittadini Italiani onesti perché darebbe una dimostrazione lampante della colpa, ovvero delle manovre sotterranee commesse o intraprese per i propri interessi privati. No alla legge BAVAGLIO, lo ripeto con forza e sottoscrivo”.

Betti Editrice – “Ovviamente sono fermamente contrario alla cosiddetta "legge bavaglio" – sottolinea Luca Betti -. Qui il problema non è di piccoli editori o grandi editori (e tra questi qualcuno si schiera in difesa, ovviamente, vista la compagine azionaria). E’ un problema di libertà, trasparenza e paradossi. Vietare la pubblicazione di colloqui intercettati anche quando, si veda bene, sono trascritti per la loro importanza all'interno delle ordinanze e sentenze è assolutamente incoerente. Si potrà persino arrivare al paradosso di pubblicare nomi e condanne ma senza poter spiegarne le motivazioni. E cosa dire, poi, dell'informazione su internet? Se chiunque si senta danneggiato ha il diritto di chiedere "entro 48 ore dalla richiesta e senza alcun commento, una rettifica su qualsiasi contenuto che il richiedente giudichi lesivo della propria immagine" senza passare per un giudice, ma direttamente (e quindi in modo certamente parziale) che fine farà la libera circolazione di informazioni su argomenti scottanti? Probabilmente, ma è un brutto modo, finiranno col circolare sempre più blog anonimi, appoggiati su server stranieri non raggiungibili dalle (stupide) maglie di una ingiustizia italiana”.

Protagon Editori – “Limitare con leggi restrittive la libertà di informare è cosa contraria ad ogni buona pratica di democrazia e conseguentemente ad ogni buona pratica di libertà culturale ed editoriale – afferma Maurizio Boldrini -. I provvedimenti che il Governo Berlusconi vuole mettere in atto sono doppiamente pericolosi perché piegati da interessi personali e perché limitano la libertà degli scambi culturali in un periodo delicato in cui l’editoria di tutto avrebbe bisogno tranne che di questo. Sono quindi d’accordo con tutti i piccoli e grandi editori che hanno lanciato insieme questo appello a favore della libertà di informazione e contro un provvedimento decisamente limitativo”.

Cristian Lamorte

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