Editori a Siena fra tradizione e sfide future

il 17/11/2008 - Redazione

All’interno del Salone Terra di Libri ieri si sono incontrati editori, rappresentanti dell’imprenditoria e delle istituzioni senesi per discutere insieme su “Essere o non essere editori a Siena. La filiera del libro tra opportunità e sviluppo, risorse economiche e impegno culturale”. Un workshop promosso dal portale sienalibri.it per dare la possibilità agli operatori del settore di confrontarsi, appunto, su temi cruciali per l’editoria senese che, come sappiamo, è formata esclusivamente da piccoli editori. Un appuntamento che ha fatto emergere i dubbi, le esigenze e i problemi delle case editrici del territorio che hanno avuto modo di confrontarsi e avanzare le loro richieste direttamente al vicepresidente della Provincia di Siena Alessandro Pinciani, al presidente della Fondazione Mps Gabriello Mancini e al presidente della Cna Siena Massimo Guasconi. Alla tavola rotonda, moderata dal giornalista Stefano Bisi, è intervenuto anche Massimo Vita, presidente dell’Unione Italiana Ciechi e Ipovedenti Siena che ha invitato gli editori a collaborare con l’associazione per realizzare libri accessibili ai non vedenti. Al termine del workshop il Podere Scheggiolla ha offerto ai presenti una degustazione di vino e olio.

Il punto sull’editoria - Giusto sul Sole 24 Ore di mercoledì scorso si leggeva quanto vitale sia in Italia l’attività della piccola editoria che va a costituire il 35% del fatturato complessivo dell’industria libraria e che solo in un anno è cresciuta del 7,5% passando da 2285 editori nel 2006 a 2456 nel 2007, realizzando un fatturato di 368,2 milioni di euro e dando lavoro a circa 6000 addetti.
Dati oltremodo importanti che, almeno nel loro valore di tendenza, sarebbe interessante rapportare anche alla realtà senese dove piccoli editori e stampatori/editori (dai registri della Camera di Commercio ne risultano oltre 30) producono annualmente un significativo numero di titoli, spesso di qualità, ma che, poi, trovano oggettive difficoltà di promozione e distribuzione. Non si hanno in proposito dati precisi a disposizione, ma di tutta questa pubblicistica sarebbe davvero interessante conoscere le esatte quantità, i criteri di scelta, gli investimenti che comporta, le modalità di pubblicizzazione, diffusione, vendita. Peraltro una simile analisi non può certo prescindere da quelle considerazioni generali che – ed a maggior ragione per il territorio senese – individuano nella cultura (e in ciò che ne deriva) una risorsa economica e, quindi, un’attività imprenditoriale a tutti gli effetti.
Allora in tale contesto, produrre libri – oltre ad esercitare una meritevole azione che dai saperi sa generare altro sapere – significherà anche, da parte degli editori, avere la capacità di raccordarsi alle politiche culturali in atto sul territorio, elaborare progetti ad esse collegati, differenziarsi e specializzarsi in proposte editoriali specifiche, fare investimenti mirati che possano trovare magari il sostegno delle istituzioni ma che non escludano il cosiddetto rischio di impresa e, laddove necessario, la possibilità di unire sforzi, idee e capacità imprenditoriali. Ecco la sfida, il salto di qualità cui probabilmente è chiamato – in rapporto ovviamente alla sua consistenza – il piccolo universo dell’editoria senese. Tale è, dunque, il nostro auspicio, trovandoci fra coloro che, alla maniera di Mallarmé, continuano a pensare che “in fondo il mondo è fatto per finire in un bel libro”.

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