Continua con l’esposizione dedicata a Domenico di Bartolo il programma culturale che ha avuto inizio lo scorso anno con il focus su Claudio Tolomei: è commovente che un paese, qual è Asciano centro delle crete senesi, riesca con le sue sole forze a realizzare un programma così ambizioso, addirittura quinquennale, dedicato alla diffusione della conoscenza del proprio passato attraverso le personalità nate in questo territorio che si sono distinte nelle lettere e nelle arti. Molti conoscono, infatti, le opere di Domenico di Bartolo, Pictore Dasciano (questo è il titolo della bella pubblicazione recentemente edita) ma forse non altrettanto si può dire per quanto riguarda l’analisi della sua opera. Sottotitolo della pubblicazione è, infatti, Una vita artistica tra luci e ombre: ci aiuteranno a mettere a fuoco la sua figura Cecilia Alessi, già funzionario della Sovrintendenza ai beni artistici e del paesaggio di Siena, ed Enrico Toti, già direttore del Santa Maria della Scala nel momento della sua trasformazione in polo museale. La mostra sarà naturalmente in Palazzo Corboli, uno dei piccoli musei diffusi nel territorio senese con lo scopo di conservare in loco le più significative opere d’arte dove videro la luce: non molte quelle qui presenti, ma molti i capolavori assoluti.
Così come non molte saranno le opere di Domenico di Bartolo esposte ma sufficienti a rendere un ritratto a tutto tondo del più fiorentino tra gli artisti senesi della Rinascenza, tant’è che sarà l’unico ad essere chiamato a lavorare a Firenze. Non potremo vedere, dunque, la "Madonna con Bambino" di Washington, né quella conservata a Princeton o quella di Philadelphia, ma una vera rivelazione sarà l’"Assunta di S. Raimondo al Refugio", tutto un fulgore di luce d’oro che riesce tuttavia ad essere materia, volume, con il viso rotondo come saranno quelli delle Madonne del principe della prospettiva, Piero della Francesca, l’espressione severa e le mani grassocce giunte in preghiera a definire lo spazio.
Assieme a questa potremo contemplare la straordinaria "Madonna dell’Umiltà", proveniente dalla Pinacoteca Nazionale di Siena, una lettura teologica di stampo bernardiniano, come ci fa osservare Augusto Codogno, da cui riprendo il famoso passo tratto da una predica del Santo in Piazza del Campo «come nel tempo della primavera è circundata la terra di fiori e d’odorifere cose e Maria è circundata a tutti e tempi d’angeli… sempre da che ella andò lassù, non vi s’è fatto altro che danzare, giocondare cantare con suavi giubili, ne’ mai aranno fine…». Firmata e datata, l’artista dimostra di porre l’orgoglio del creatore in questa tavola: piacerà molto ai Preraffaelliti la sua postura rilassata a sostenere il figlio, che anche se sovradimensionato in quanto Dio tiene la manina in bocca come fanno i bambini, ed i piedi nudi della madre sono fatti per camminare. Sguardo consapevole e malinconico, i colori dell’abito sontuoso offrono accostamenti che ci rimandano a Domenico Veneziano.
Domenico Dasciano è uomo di solida posizione sociale, e tra le sue competenze culturali c’è quella musicale, qui presente negli strumenti angelici descritti con amorevole precisione, e Vittorio Sgarbi, a cui dobbiamo la presentazione di questo evento nella conferenza che si è tenuta a Roma nella sala stampa di Montecitorio, fa notare come l’aureola sia sospesa sul capo di Maria, e un angelo la guardi giungendo le mai come fosse un lieve disco volante. Dovremo allo stesso studioso anche la Lectio magistralis che si terrà in occasione dell’inaugurazione della mostra, il prossimo 6 maggio (la stessa resterà aperta fino all’11 di agosto).
Purtroppo non potremo vedere, per la fragilità dell’opera, il magnifico "Polittico di Santa Giuliana" conservato nella Galleria Nazionale dell’Umbria a Perugia, diretta dal senese Marco Pierini. Ma Perugia non è così lontana da Asciano, e dunque forse è giusto così. Così come potremo, in pochi minuti, raggiungere Siena per confrontare miniature ed opere su tavola con i numerosi dipinti murali qui conservati, soprattutti quelli in Santa Maria della Scala, che con mirabile competenza prospettica descrivono la costruzione e la vita vissuta nella istituzione dedicata ad ospitare e curare pellegrini e gettatelli, con un gusto per i dettagli narrativi tipicamente senese.
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