Nuovo appuntamento a Palazzo Strozzi, Firenze, con “Dialoghi Leopardiani, sulla soglia dell’infinito”, ciclo di incontri a cura di Gaspare Polizzi. Giovedì 18 maggio alle ore 17 in Sala Ferri Gilberto Lonardi parlerà de Il mappamondo di Giacomo. Leopardi, l'antico oltre l'antico, un filosofo indiano, il sublime del qualunque (Marsilio 2019) e de L'Achille dei «Canti». Leopardi, «L'infinito», il poema del ritorno a casa (Le Lettere 2017). Intervengono Laura Barile e Novella Bellucci. Evento organizzato dal Gabinetto Vieusseux.
Il mappamondo di Giacomo - Il cerchio piace all’autore di questo libro, costruito concertando, accordando strumenti. Pedale continuo, il dialogismo leopardiano. Tra orizzonte dell’Origine, pensiero in atto, poesia, mentre da capo a fondo vi si affaccia e riaffaccia il grande lirico interrogante del "Canto notturno di un pastore errante dell’Asia". Non vi si rifiuta, in compagnia di Giacomo, la sfida. Da qui l’aprirsi, sulla sua scia, per esempio, sì a Rousseau, ma più al suo opposto, a Voltaire. E riserva sorprese l’attenzione di Leopardi non solo alla religione-filosofia della Persia, ma, insieme, all’India antichissima: al Buddha. La mira è al disegno complessivo di un poeta e intellettuale intrigato dal canto di Omero o di Mimnermo o di Anacreonte, o da Qohélet o da Virgilio, o da Dante o dal Monti dell’"Iliade", o dal pensare in grande di un Pascal, o dalla prima modernità dei narratori dell’io; ma anche dal canto di un muratore. Da ascoltare come un’epifania dell’Inizio. O da quello di una filatrice di paese. O da quanto insegna la moltitudine senza nome. Dunque un personaggio che frequenta le cime, ma pure conosce la seduzione del ‘margine’. E disponibile, allora, anche alla scommessa del «gettarsi via». Non in cerca, vedi "L’infinito", di un cielo mistico-spiritualistico, ma della medicina, chiesta al tragico di esperienze come quella del naufragio, della dolcezza di un pur passeggero, ‘terrestre’ fremito per esserne uscito salvo. E un poeta e pensatore molto preso dal gran problema del male, fino all’abbozzo di un inno all’eterno trionfo del dio-diavolo persiano, Arimane. Un pensante-immaginante anche quando trascende un altro frammento, sul «Tutto è male» – da affidare nel 1826 a un antico «filosofo indiano» – nell’«a me la vita è male» di un pastore asiatico: figura ‘in canto’ del qualunque, e, insieme, del sublime. Come poi due creature dell’ultimo Leopardi: una foglia di faggio, foglia qualunque, ‘da nulla’, ma portatrice di un alto messaggio, in Imitazione, e il fiore gentile della "Ginestra".
L' Achille dei «Canti» - Un famoso titolo leopardiano, Idilli, come leggerlo, evitando, a proposito dell'Infinito, mistificazioni tuttora pronte a riproporsi? E in che senso la Saffo di una canzone di Leopardi è un'allieva di Achille? E a proposito delle Ricordanze: proviamoci a rileggere questo «poema lirico» del ritorno a casa non dimenticando la memoria leopardiana appunto del ritorno: un gran tema, secondo Giacomo, anzitutto della lirica delle origini, e dopo, subito dopo, dell'epos. E, mettiamo, Stesicoro, un antenato quasi muto per noi, perché c'entra parecchio con le suddette Ricordanze? O più in generale: come immagina, sente, pensa, canta il poeta dei Canti? Sono molte le domande cui si dà una risposta nuova e coraggiosa, in questo libro. Pescando sempre in profondo; incontrando di continuo i Greci, l'Inizio. E, d'altra parte, non pochi sono i personaggi della prima modernità narrativa che nel libro si danno convegno: da Rousseau a Werther, a Chateaubriand. Ma è ad Achille che Leopardi guarda di continuo. E noi siamo invitati a farlo con lui. Diceva Hölderlin che Achille è l'enfant gâté della Natura. Giacomo, l'escluso, invece, come la sua Saffo, dalla Natura, non può appassionarsi a quella figura che conosce egualmente l'affetto, l'amore e la ferocia, se non dall'infinita distanza del desdichado. Eppure non cessa di rispecchiarsi in «quella singolarità», che, come Napoleone coi francesi, «c'innamora». In quella morte giovane e, splendido nodo, nella consapevolezza che l'accompagna: da, ha detto Goethe, «uomo compiuto». Tra gli eroi di Omero, per esempio, un ascolto significativo spetta, nei Canti, pure a Odisseo-Ulisse. Però, per tracce inequivocabili, dall'Infinito all'Ultimo canto di Saffo, da A Silvia alle Ricordanze, ad A se stesso e oltre, Leopardi torna e ritorna soprattutto ad Achille. E a coloro che si commuovono per lui, o, in un'avvolgente coralità epica, dialogano con lui: Teti, la madre divina, o Patroclo, Ettore, Fenice, o i suoi cavalli. Segue il controcanto (privilegiati gli anni 1750-1840 circa) di sedici immagini, per la maggior parte legate al tema-Achille.
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