Dalla malattia alla rinascita. Tra le pagine di “Inchiostro” la storia di Caterina Minni

Sansepolcro il 27/06/2017 - di Anna Martini
Raccontare storie non è sempre facile e divertente. Le storie sanno toccare qualcosa nel profondo e farci muovere passi in direzioni inaspettate, spesso dolorose. C’è chi le chiama emozioni, chi dice siano pensieri, chi si trova a fare i conti coi ricordi. Succede quando le storie degli altri risuonano con la nostra e accendono interruttori che scatenano reazioni forti come un imperativo. E si rimane incollati lì, senza poter smettere di ascoltare. Gli ingranaggi della mente girano vorticosi, la porta dell’anima ormai è aperta. Questo accade quando si incontra, o ci si scontra, con storie forti come quella di Caterina Minni, che nell’intimità del cortile salotto di We.Story Festival 2017, in Piazza Dotti a Sansepolcro, ha raccontato la sua esperienza di giovane in lotta con l’anoressia e la rinascita oltre la malattia grazie anche alla scrittura di un diario diventato oggi un libro: “Inchiostro” edito nel marzo 2017 da Il Pensiero Scientifico Editore.

Capelli blu, occhi grandi, bocca disegnata - Ha un bellissimo sorriso Caterina Minni ma non lo si vede spesso. Non lo sfodera mai a caso e quando sorride accende tutto intorno. Con le dita leggere scorre le pagine del suo “Inchiostro” e confessa: “il mio diario l’ho scritto nel 2014 e da allora non l’ho più riletto. Parlo di quel periodo, ma immergermi totalmente in quei ricordi è ancora troppo per me”. Oggi Caterina Minni ha diciassette anni, diciotto il prossimo dicembre. È il 2011 quando si ammala di anoressia nervosa, aveva solo undici anni. “Inchiostro” è un diario di guerra, un corpo a corpo combattuto giorno dopo giorno per sé stessi e contro di sé. Un romanzo di formazione al femminile, di analisi, autoanalisi e confronto. Il libro raccoglie i pensieri che vanno da febbraio a maggio 2014, quando l’autrice si trova a vivere in convitto a Sansepolcro, dopo aver appena concluso il ricovero di oltre due anni nella Residenza Palazzo Francisci di Todi, struttura pubblica per il trattamento dei disturbi alimentari, una delle poche in Italia ad accogliere bambini con disordini alimentari sotto i quattordici anni.

Io? Mai scritto prima - “Era una giornata come tante altre in convitto. Mi sentivo piena, schiacciata emotivamente. Ero appena arrivata a Sansepolcro e non mi trovavo affatto bene – racconta Caterina Minni. Della fratellanza e della condivisione che avevo trovato al Francisci, neanche l’ombra. Ma io ero piena di dolore ed ero sola a farci i conti. Avevo i postumi di tre anni di malattia. E dovevo scegliere se ricaderci o tagliare definitivamente i ponti con lei. Allora ho deciso di buttare fuori questo dolore, di non arrendermi e iniziare a scrivere”.

Caterina nel Paese dei Diari - Così per due mesi Caterina Minni scrive il suo diario in cui racconta il tempo passato in collegio, i rapporti con i compagni, la solitudine, le nuove amicizie, le difficoltà e le nuove speranze. Con flashback continui Caterina ritorna al periodo della malattia e contemporaneamente racconta nel presente il ritorno alla normalità della sua vita da adolescente. Il diario, e così il libro, è intervallato da haiku, brevi poesie formate soltanto da tre versi che catturano un sentimento o un’immagine. Quando la psicologa che segue Caterina legge il suo diario, rimane colpita e le consiglia di condividerlo con gli altri, partecipando al Premio Pieve Saverio Tutino 2015 dell’Archivio Nazionale dei Diari. “All’inizio non volevo assolutamente. Era il mio diario segreto, quello che da ragazzine si tiene chiuso col lucchetto. Avrei dovuto fare i conti con mio padre e la mia famiglia per tutto il dolore che c’era dentro. No, non ero pronta. Ma quando ho pensato che la mia storia potesse essere d’aiuto a qualcuno che aveva sofferto o stava soffrendo come me, mi sono fatta coraggio e l’ho inviato. Mai avrei pensato di essere scelta e arrivare tra i finalisti. Mi ricordo l’ansia di quel giorno di settembre sul palco del Premio Pieve e poi la paura quando davanti a tutti è stata letta la pagina più dura per me, la lettera a mio padre. La nostra resa dei conti con la malattia”.

Una giovane Fenice - “O eri anoressica o non eri niente. O stavi dalla parte della malattia o non eri nessuno. Proprio come non esistere – racconta Caterina Minni. La malattia prende tutto lo spazio. Che saranno due chili più o in meno, direte voi? Nulla per molte persone. Per me erano il baratro. Significava essere sempre in bilico, essere ancora malata o aver iniziato a risalire la montagna. Salire in bilancia era il momento che aspettavo di più quando ero al Francisci, il momento che mi creava più ansia. Volevo essere guarita e insieme era la cosa che mi spaventava di più. Perché da sana non sapevo cosa sarei stata, avevo paura di non esistere più. Allora mi sono detta basta. Nella mia lotta è arrivato il momento in cui ho rotto la paura dello specchio e quel filo che mi legava al passato. Ho scelto di smettere di stare dalla parte della malattia e stare dalla mia parte, finalmente libera. Scrivere è stato fondamentale. Oggi ho vinto io e  “Inchiostro” è la mia testimonianza. Questo titolo è come l’inchiostro della penna e l’inchiostro del tatuaggio che ora ferma sotto la pelle una fenice, il simbolo della mia rinascita”.

Dal diario alla poesia - In finale di presentazione, quando chiediamo a Caterina Minni se ci siano all’orizzonte nuovi progetti di scrittura, nuovi libri, lei risponde così: “Non ho smesso di scrivere per me, solo che non mi affido più alle pagine del diario. Ora scrivo poesie. Lì il mio flusso di pensieri scivola continuo. Notte e giorno fermo le mie emozioni sulla carta. Questo non è cambiato, ma se farò leggere queste parole a qualcuno, ancora non lo so. Il mio viaggio con la scrittura continua, per il momento in intimità”.
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