“…Il leader dei Baustelle, acclamato poeta della canzone, esordisce con un’opera potente ed originale. Non ha paura di insozzarsi le mani con quanto di meno nobile, di più animale, si muove nelle viscere di questa società, e del suo animo. Ecco perché riesce ad essere così spietatamente emozionante…” C’è tutto Francesco Bianconi nel suo scritto in prosa d’esordio “Il regno animale” presentato nei giorni scorsi in Val d’Orcia a Bagno Vignoni (Librorcia). Un viaggio reale quello da Milano a Bagno Vignoni ma anche ideale perché metafora perfetta della vita del Bianconi e dei protagonisti del suo romanzo. Un intreccio di vite e storie in cui si riflettono tutti i dubbi su una società ormai fuori controllo e in cui le attese e i sogni finiscono puntualmente per scontrarsi con una realtà troppo cruda e spietata. Con Francesco Bianconi abbiamo ripercorso le scelte, le ansie e le emozioni che lo hanno portato e confrontarsi con un nuovo genere di scrittura, senza dimenticare il suo punto di vista sulla società italiana di cui Milano è specchio.
Il tuo libro di esordio. Cosa ti ha spinto a confrontarti con questa nuova sfida? - "Avevo in me una spinta antica. Un romanzo è un’idea che ho sempre avuto in testa, nei miei sogni di bambino. Fin dalle quinta elementare avrei voluto fare lo scrittore e non puoi immaginare la soddisfazione a concretizzare questo sogno di fanciullo. Poi la vita ti porta inevitabilmente a fare altre cose. Un lavoro sempre creativo, come quello del musicista, anche se si tratta di forme di scrittura diverse. Un progetto che ho sempre tenuto da una parte, fin quando il mio editore mi ha chiesto se volevo pubblicare ed era finalmente il momento giusto".
Ma la storia era già pronta? - "La storia non ce l’avevo. All’inizio volevo scrivere una dei racconti ma poi uno di questi personaggi (Alberto) ha preso forza e campo e il romanzo ha preso forma e vita da solo. All’inizio avevo paura di non riuscire a dominare un’architettura così complessa, ma poi è accaduto tutto da solo".
Tu che sei abituato a confrontarti con forme letterarie diverse hai incontrato difficoltà nello scrivere un romanzo? - "All’inizio ho avuto molte difficoltà perché ho avuto un approccio con un’altra forma di scrittura in cui la sintesi, l’astrazione e la metafora all’improvviso non contavano più. Ed essere davanti alla scrittura in prosa è un’altra cosa. Poi però mi sono reso conto che alla fine ero libero davanti ad un libro e che lo dovevo solo attraversare. Con la musica hai la melodia, uno scheletro su cui appoggiare le parole. Invece con la prosa hai un’ansia da libertà sconfinata. Poi ti fai coraggio, sei nudo e devi attraversare il deserto ed è anche affascinante. E come una sorta di autoanalisi. Sei solo con la scrittura e il mondo che incontri o inventi è relazionato al mondo di cui fai parte".
Una delle chiavi di lettura di tutto il libro è quella di capire Milano per leggere la storia. Perché proprio Milano? - "Ho scelto Milano per due motivi: uno per comodità, vista la mia inesperienza ho preferito muovermi in un contesto a me noto. Il secondo, per motivi significanti. Milano assomiglia all’Italia intera e l’Italia a Milano, più nel male che nel bene per quanto mi riguarda. Il protagonista del libro nel passaggio dalla fanciullezza alla fase adulta passa da Milano, e nel suo sogno di provinciale scopre una città che è metafora del mondo con i suoi pregi e i suoi molti difetti".
Quali? - "Gli aspetti negativi sono legati ad un tipo di cultura molto prossimo alle sole regole del mercato e dell’apparenza. Tutti elementi indicativi dell’Occidente ma che in questo momento storico non sono solo italiani o milanesi. Nella cultura italiana tutto è piegato agli unici due Dei, potere e denaro, e tutto è teso ad inseguire un individualismo sfrenato. Sembrano essere gli unici scopi dell’umanità. Tutto ciò in Italia è enfatizzato e accentuato dal governo dello Stato, dalla storia con il berlusconismo che ha, e questa è una mia idea, le sue precise responsabilità. L’Italia è cambiata molto e la causa è anche di quel tipo di politica in cui c’è l’annullamento stesso della politica, l’imprenditoria al governo dello Stato".
Dalla città, Milano, alla provincia, la Valdorcia. Che sensazioni ti ha ispirato questo viaggio? - "Sono venuto in macchina e la sensazione è stata bellissima. Da Milano a Bagno Vignoni attraverso Monticchiello, quando ti si apre quel panorama così unico, con un cielo così terso e una luce fantastica. E’ stato come, parafrasando Fossati…dietro una curva improvvisamente la Valdorcia".
Cristiano Pellegrini
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