Attracchi e naufragi. Se tutti siamo spaesati migranti

il 28/10/2013 - Redazione

Ogni giorno le cronache del mondo ci chiedono una sintesi tra ragione, sentimenti, giudizio politico. Una tormentata operazione intellettuale (verrebbe da dire persino ‘spirituale’, se questo termine non si prestasse a equivoci) rispetto ad una realtà in continua trasformazione e troppo più avanti alle nostre capacità di adattamento e comprensione. Geografie, culture, persone si muovono su scala globale: si compenetrano, si ‘mescolano’, si incontrano e scontrano. E’ l’epoca del meticciato che mette in crisi identità etniche credute fino a ieri immutabili. E c’è, poi, il movimento veloce della comunicazione, della conoscenza in tempo reale di quanto ad altri e ovunque accada. Connessi sempre con l’universo mondo, ne percepiamo la simultaneità alla nostra esistenza. Il ‘qui’ (almeno virtualmente) è ormai il ‘dappertutto’, così che viviamo l’ambigua condizione (forse il privilegio) di essere cittadini ‘glocali’.

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