Artista cinematografico, attore teatrale e scrittore. Intervista a tutto tondo a Fabio Bussotti

il 17/01/2012 - Redazione

Diversi ed imprevedibili sono i percorsi di un artista. Fabio Bussotti è un attore che ha appreso la recitazione da Gassman e Albertazzi, ha lavorato e continua a farlo in teatro e televisione, si è cimentato nel cinema con Liliana Cavani, ma non ha disdegnato lo spot commerciale di un wafer che a metà degli anni ’80 diventò un vero e proprio tormentone. Da qualche tempo Bussotti si confronta anche con la narrativa: il suo secondo romanzo si intitola Il cameriere di Borges ed uscirà l’8 febbraio, pubblicato da Perdisa. I lettori che seguono Bussotti come autore di libri ritroveranno il commissario Flavio Bertone immerso in un contesto che rimanda alla dittatura argentina di Videla ed alle sue nefandezze.

Lei “nasce” come attore dopo aver frequentato la bottega teatrale di Firenze allora diretta da Vittorio Gassman: che ricordi ha di quel periodo, sulla città e sul Maestro?
“Firenze agli inizi degli anni ’80 era una città che credeva nei giovani. Non c’era solo la Bottega di Gassman e Albertazzi, ma anche le scuole di Eduardo e di Orazio Costa. C’erano risorse ed entusiasmo e si respirava un’idea di nuovo umanesimo. Il Maestro dava gli strumenti all’allievo perché potesse intraprendere il mestiere. Questo era lo spirito della Bottega. Avevo vent’anni, venivo dalla provincia e mi sembrava di vivere in un sogno”.

Passiamo alla narrativa. Il secondo romanzo si intitola Il cameriere di Borges ed ha ancora come protagonista il commissario Flavio Bertone, non teme di riprodurre subito uno schema narrativo?
“Al contrario, mi piace riproporre lo stesso schema narrativo. Questa volta, però i sentimenti sono più forti della trama. Mi piace che Flavio Bertone abbia a che fare con la complessità umana”.

Com’è il suo commissario Bertone, flemmatico alla francese, uomo d’azione a stelle e strisce, o dolceamaro siciliano?
“È un molisano trasferito a Roma, ruvido e solitario, un Ingravallo (personaggio principale di Gadda nel romanzo Quer pasticciaccio brutto de via Merulana, ndr)del XXI secolo, insoddisfatto della sua vita sentimentale, con il dispiacere di non essere diventato padre, ma con una forte senso di giustizia”.

Senza svelare troppo, l’indagine di Bertone porterà il funzionario in Argentina, in una terra dove i colonnelli hanno lasciato il segno: come si è documentato?
“Ho letto libri di storia, romanzi, ho ascoltato testimonianze dirette. Mia moglie è nata a Roma ma ha anche passaporto argentino perché sua mamma è originaria di Buenos Aires. In casa, ogni tanto, si parla porteño. E non mi dispiace affatto”.

A proposito di dittature sudamericane, in Cile dove il nome di Pinochet è ben vivo nella mente di tutti, si tenta di sostituire la parola dittatura con regime: che ne pensa?
“Quando non c’è separazione e indipendenza tra i poteri di uno stato, siamo sempre in presenza di una prevaricazione. I regimi o le dittature soffocano le libertà e la democrazia semplicemente non esiste. Scompare così l’uomo, la sua dignità. Il regime di Videla ha annullato il concetto stesso di esistenza”.

Liliana Cavani, regista fra gli altri del film “Francesco” con Mickey Rourke nel quale anche lei ha avuto un ruolo, ha definito Il cameriere di Borges «Una storia avvincente e avventurosa. Potrebbe essere un bel film, ricco di azione e umanità». Come la vede la trasposizione cinematografica?
“La vedo bene. Condivido l’opinione di Liliana: potrebbe essere un buon film. Mi batterò perché si realizzi”.

Sveliamo ora un segreto ai lettori di Toscanalibri, quanto meno a quelli che nel 1987 avevano già l’età per guardare la televisione ed utilizzavano il tormentone dello spot da lei interpretato: ma lei, ha mai provato Urrà?
“Certo che no. Non l’ho mai assaggiato”.

Valerio Cattano

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“Il lungo Addio” di Raymond Chandler
L’ULTIMO LIBRO LETTO
“L’educazione civile” di Roberta De Monticelli
IL LIBRO DA CONSIGLIARE AI LETTORI
“Il Paese dei buoni e dei cattivi” di Federica Sgaggio
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