Arancione-one-one. I racconti fantastici degli “ingenui creativi”

il 01/10/2010 - Redazione

Un professore di economia chiamato Catorcio, che veste un accappatoio viola a pois. Chiara Camilla, ragazza che vive nel Duomo di Firenze e parla con un gatto persiano, scattante ma sonnolento. E ancora una fornaia pazza, una cameriera di nome Margaret Privacy, tori che fanno le corna alle mucche e serpenti rossi e neri molto educati. Personaggi di un mondo di favola, così vicino ai reami fantastici di Gianni Rodari, generato da un connubio unico: l’energia e l’immaginazione dei ragazzi disabili dell’associazione AICS Solidarietà Firenze e l’esperienza e la capacità creativa di scrittori come Marco Vichi, Emiliano Gucci, Valeria Parrella, Valerio Aiolli e Rino Garro. Arancione -one -one. Racconti fantastici (Sarnus), curato proprio da Rino Garro, è il risultato del progetto “L’ingenuo creativo”, un’esperienza durata 3 mesi che ha visto ragazzi diversamente abili confrontarsi con artisti di talento generando un caleidoscopio fantastico di racconti, poesie, favole e disegni coloratissimi, sotto la direzione artistica del pittore Marcello Bertini e la ‘guida spirituale’ di Francesco Achille Rossi, presidente dell’AICS Firenze.

L’idea - Come nascono i personaggi, così improbabili eppure così reali, del libro? Succede quando una piccola stanza, con un tavolo tondo, o quadrato o rettangolare, diviene d’incanto una specie di cantiere a cielo aperto, attorno al quale ciascuno lavora secondo le proprie qualità e possibilità e tutti inseguono un fine comune: osservare, descrivere, colorare, immaginare, liberare la fantasia senza abbandonare la realtà. Un’esperienza corale, insomma, dove gli stimoli reciproci sono infiniti e danno risultati imprevedibili: “il capocantiere”, spiega il curatore Rino Garro, “ha il compito di guidare il gruppo: suscita la curiosità, stimola l’espressività. Ma egli stesso, il capocantiere, è parte del gruppo e dunque può beneficiare della fantasia che vi andrà a scoprire, e subito – in una sorta di corto circuito virtuoso – farla propria”. Un progetto ambizioso, che mira a restituire il genuino entusiasmo del lavoro fatto insieme, e ad abbattere quelle piccole e grandi barriere che troppo spesso limitano la creatività e la comprensione dell’altro.

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