Andai perché ci si crede, il testamento dell’anarchico Serantini. Se ne parla il 25 marzo con Michele Battini

Pisa il 23/03/2022 - Redazione
Venerdì 25 marzo alle ore 17 la Gipsoteca di Arte Antica dell’Università di Pisa ospiterà la presentazione del libro di Michele Battini “Andai perché ci si crede. Il testamento dell’anarchico Serantini” (Sellerio Editore). Interverranno la figlia di Giuseppe Pinelli, Silvia; Soriano Ceccanti, protagonista e testimone di quegli eventi; Ilaria Cucchi, sorella di Stefano; Stefano Gallo (CNR e Biblioteca Serantini); e Mariamargherita Scotti (Istituto De Martino).

La vicenda - Primavera 1972. Amintore Fanfani, in dicembre, ha tentato di farsi eleggere Presidente della Repubblica con un programma autoritario di ristrutturazione corporativa dello Stato; da febbraio Giulio Andreotti governa sostenuto dai voti missini, ma emergono le prime verità sulla matrice fascista della strage di Piazza Fontana (Ordine Nuovo veneto) del dicembre 1969 e la morte di Giuseppe Pinelli nella questura milanese. Il 25 aprile 1972 il comandante partigiano Nuto Revelli denuncia tutte le collusioni tra fascisti e servizi segreti di Stato. Campagna elettorale di fuoco, e ovunque battaglie di strada attorno ai comizi neofascisti. Franco Serantini, orfano, studente, anarchico, che in vita ha conosciuto solo celle - orfanotrofio, collegio, riformatorio – si dedica alla campagna per la verità su Pinelli. Vive da anni a Pisa e muore il 7 maggio nella cella n.7 del carcere pisano Don Giovanni Bosco, appena arrestato per aver partecipato a una manifestazione antifascista. Massacrato a mazzate della polizia, agonizza nell’indifferenza e nella distrazione di magistrato, medici, infermieri, agenti e funzionari della prigione. Umberto Terracini, autorità morale e politica del Partito Comunista Italiano, denuncia “un assassinio firmato”. Poco tempo dopo, alla tragedia di “vita e morte dell’anarchico Serantini”, il giornalista Corrado Stajano avrebbe dedicato un libro splendido sul conflitto micidiale tra istituzioni repressive, burocrazia anonima e solitudine del cittadino imprigionato. Nessun responsabile venne individuato e perseguito.
 
Il libro - Là dove i giudici decisero per un “non luogo a procedere”, oggi Michele Battini – professore di Storia nell’ateneo di Pisa e in diverse università internazionali - torna a verificare le fonti giudiziarie, ricostruisce il contesto politico dell’epoca, proietta la vicenda nella lunga storia del movimento operaio della città e delle sue culture libertarie e marxiste eretiche. L’autore formula una nuova interpretazione dei documenti, assai lontana dalle conclusioni dei giudici di allora. Nell’archivio del caso sussistono i riscontri di un crimine e gli indizi sulle identità dei responsabili, ma le carte serbano anche, e nonostante loro, il testamento politico e morale dell’anarchico, prezioso punto di partenza per capire quella ribellione antifascista operaia e studentesca in una delle città cruciali del Sessantotto. A.d.r. (a domanda, risposta) Dicono che io abbia lanciato pietre contro la polizia e altro materiale incendiario ma, per la verità, non riesco a ricordare. (…) Non credo però (…), anche perché persi gli occhiali e non sarei stato in grado di lanciarli. Chiesto all’imputato per quale ragione si era recato nel luogo dove si verificarono i tumulti, risponde: Ci andai perché ci si crede.
 
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