Monika Antes, tedesca, insegnante di lingue, una delle più importanti studiose di Dino Campana e della letteratura italiana fra Otto e Novecento, ha appena pubblicato “Amo, dunque sono: Sibilla Aleramo, pioniera del femminismo in Italia” (Mauro Pagliai Editore). Il libro è stato presentato a Firenze, non a caso, nella sede dell’ex ospedale psichiatrico San Salvi. Ma chi era Sibilla Aleramo? Prima di essere scrittrice e poetessa era una donna, una donna che ha molto amato nella sua vita, noto il suo legame burrascoso con il poeta Dino Campana (oggetto di un film di Michele Placido), ed anche la sua intima relazione con l’attrice Eleonora Duse. Per spiegarne la complessa personalità, Monika Antes prende a prestito le parole di Ibsen da “Casa di Bambola”: “Io devo essere affidata unicamente a me stessa, se voglio poter dar conto di me stessa e di chi m’è intorno. Perciò non posso restare più oltre presso di te”.
Amo, dunque sono: Sibilla Aleramo, pioniera del femminismo in Italia ripercorre, quindi, la vita e le opere della Aleramo, con un testo in prosa ma che possiede la leggerezza della poesia. Rina Faccio, che in seguito assume lo pseudonimo di Sibilla Aleramo, era nata ad Alessandria il 14 agosto 1876 e scomparve il 13 gennaio 1960. “Per capire Sibilla - scrive la Antes - bisogna leggere le sue opere: Una Donna (1906), Il Passaggio (1919), Andando e stando (1920), Momenti (1921), Amo dunque sono (1927), Il frustino (1932), Orsa Minore (1932), ma si può iniziare a scorgere la personalità della Aleramo dal titolo stesso del libro della Antes “Amo dunque sono” perché Sibilla ha fatto dell’amore il nucleo rovente della propria esistenza e della propria opera, in un percorso di liberazione per molti versi emblematico”.
Il volume di Monika Antes si apre con la citazione di una poesia di Sibilla Aleramo, tratta da Orsa Minore: “Il Tempo… che cos’è il Tempo? Quello che è passato o quello che deve venire? O l’uno e l’altro insieme? È il mio cuore, il tempo: qualcuno l’ha picchiato, forte, forte, poi se n’è andato, e nel cuore è continuato sordo e profondo l’eco dei colpi, ed ecco li sento ancora, li sentirò sempre, anche se pervenissi a non ricordar più nulla…”.La sensazione che emerge da questi versi, come dal resto degli scritti della Aleramo, è quella di una donna forte ma fragile al tempo stesso, una donna la cui sensibilità naturale è stata acuita dalle difficili circostanze della vita che l’avevano profondamente segnata: dalla morte della madre (in una clinica psichiatrica), alla violenza sessuale subita quando era adolescente, violenza perpetrata da un dipendente del padre di Sibilla, che lei fu poi costretta a sposare, fino allo strazio di dover lasciare un figlio amatissimo, Walter, avuto dall’uomo che la violentò.
Sibilla Aleramo è stata scrittrice e poetessa, ha diretto riviste e scritto pièce teatrali, si è impegnata in molte iniziative per ridurre l’analfabetismo degli italiani che vivevano in uno stato da poco unitario ma senza una lingua comune, ha fondato scuole andando ad insegnare ai bambini nelle campagne. Ma la sua vita non è stata dedicata solo all’impegno sociale. Fu una vita turbolenta la sua, sempre in giro per l’Italia e l’Europa, con i problemi economici di chi cercava di fare l’artista, scrivere poesie in un Paese che aveva il 78% di analfabeti e le donne,erano sottomesse e schiacciate da un ruolo domestico cui era precluso il mondo dell’arte e della letteratura. Compresa quella della Alerampo.
Ebbe anche molti amori, alcuni noti altri no; conobbe, talora anche intimamente, i poeti e gli artisti più influenti della fine dell’Ottocento, da Dino Campana a Gabriele D’Annunzio a Eleonora Duse, ma è stata soprattutto simbolo e antesignana della lotta per l’emancipazione femminile.
La monografia di Monika Antes è lieve e piacevole, uno di quei libri da avere sempre accanto in un pomeriggio d’ozio, quando, anche attraverso la letteratura, si cerca l’introspezione psicologica e la cause delle azioni umane.
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