Cosa si mangiava nel Medioevo e perché? Cosa è rimasto di tutto ciò nell’alimentazione di oggi? Lo spiega nel saggio “Alighieri passatemi il sale. L’arte del mangiare nel Medioevo” (Editrice Effequ), pubblicato in questi giorni, Anna Pischedda che, guidandoci tra i mangiari medievali, racconta come si sono incontrate e scontrate due tradizioni radicalmente differenti: quella romana, basata su cereali, viti, e colture (la base della dieta mediterranea) e quella barbara, che sfruttava quanto offerto dai boschi, e in cui rivestiva un ruolo decisamente centrale la carne, soprattutto quella di maiale. Dall'ibridazione di queste tradizioni culinarie nasce la cucina medievale.
La pubblicazione - La storia del cibo è una storia affascinante perché, come quella del pensiero, è ricca di scoperte e di imprese anonime, ma non per questo meno rivoluzionarie: nell’alimentazione l’atto più fisiologico e materiale diventa anche momento rivelatore di cultura e simbolismo. Non mancano le digressioni sulle tavole dei monasteri, in cui per reazione all'opulenza dei nobili si sceglieva la via della rinuncia e del digiuno. Digiuno che non prevedeva mai l'assenza di cibo. Nei monasteri, infatti, prevalevano due tipi di dieta: quella cruda accompagnata dal pane e quella cotta basata sulla zuppa di cereali.
Storia dell’alimentazione - Nel testo si passa in rassegna ordinatamente la storia dell’alimentazione europea, dalle consuetudini romane alla corale conversione del mondo mediterraneo verso la carne, e si rende pian piano evidente come gli uomini adattino spesso e con rapidità i loro gusti e le loro consuetudini. Ogni episodio della storia alimentare arriva ad apparire come un passo avanti dell’uomo nel suo millenario cammino per elevarsi sopra la condizione di bruto.
Alcuni esempi - Vengono citati esempi memorabili, come quello di San Francesco, che attento alle necessità corporali dell'uomo si mostrava rivoluzionario nei confronti delle rigide abitudini monastiche a lui contemporanee, e persino in punto di morte "chiede di poter assaggiare, per l'ultima volta, i mostaccioli fatti dalla sua amica Jacopa: è l'addio alla vita e alla nostra sorella madre terra gioiosamente consumato in un estremo, piccolo boccone di farina e miele che si scioglie in bocca". Il libro è corredato da ricette difficili da trovare (i tanti modi di cucinare il Biancomangiare, per esempio) e capaci di rivelare il gusto di più un’epoca.
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