A fine ottobre dello scorso anno ci balenò per la testa di dedicare due pagine di giornale allo scrittore e alla figura di Federigo Tozzi mossi dalla volontà, ancor più che dalla curiosità, di scandagliare il profondo di un rapporto, quello con Siena, che banalmente potrebbe essere definito di odio e amore, dall’una e dall’altra parte. Dubbi e ipotesi a tale riguardo nacquero da questo approfondimento, certamente non accademico, quanto casomai da semplici lettori, dell’autore e di questa città. Oggi, a poco più di un anno di distanza, un libro edito dalla Fondazione Monte dei Paschi di Siena rappresenta un prezioso contributo alla causa della risoluzione di questi interrogativi. “Le Stagioni di Tozzi”, questo il titolo del volume, è un piacevole e affascinante mix di studi critici, approfondimenti letterari, testimonianze, excursus biografici e perfino ritratti fotografici. Pagine che definire interessanti sarebbe poca cosa solo per l’eccezionalità della loro struttura che risponde al difficile compito di rivolgersi agli accademici del settore e a noi semplici lettori, di Tozzi e di Siena. Nelle parole di Marco Marchi, curatore de “Le Stagioni di Tozzi”, l’essenza reale delle pagine e della figura dello scrittore anche nel suo rapporto con Siena. “L’idea di questo libro – ha spiegato Marchi - nasce della mancanza di un volume che i lettori di Tozzi e i suoi studiosi aspettavano da tempo. Un grande album di foto e di documenti che ricostruisse bene la vita dell’autore e, al tempo stesso, un consuntivo di studi critici. Un volume per fare il punto su questo autore così moderno. Tozzi è una gloria per Siena oltre che un grande autore del panorama letterario italiano del novecento. E’ stato, senza esagerare, uno dei più grandi autori della letteratura, anche europea, degno sicuramente di stare in questo Olimpo in compagnia di Pirandello e Svevo, i suoi congrui compagni di strada. Tozzi è uno scrittore del mondo capace di superare qualsiasi ristretto campanilismo e credo che con la sua arte abbia nobilitato e continui a nobilitare Siena. Questa città, magari, non è cantata mai nelle forme più note, anche talvolta legate al folclore, ma è presentissima in Tozzi fino a diventare una metafora del mondo con i suoi paesaggi, le sue vie, i suoi sali e scendi. Infondo – conclude Marchi - Tozzi descrive Siena, pur nei rapporti conflittuali, dandoci una grande immagine del mondo in cui viviamo, del mondo moderno fatto appunto di sali e scendi, cancelli socchiusi e misteriosi, drammi ed ombre che si celano anche dietro al paesaggio più accogliente”. E nelle pagine del libro un altro intervento, stavolta dello stesso Tozzi in un suo intervento saggistico riportato, per capire come quei dubbi e quelle ipotesi sul rapporto tra lo scrittore e Siena risiedano forse nella sua arte, nei suoi pensieri e nella sua scrittura. Ponendoci di fronte e al cospetto di quella volontà, ancor più che curiosità, di scandagliare il profondo di un rapporto. Lo stesso punto dal quale eravamo partiti, ma con una piacevole consapevolezza in più: il tentativo di trovare risposte genera spesso nuovi dubbi e ipotesi. E’ quello che ci rende Federigo Tozzi uno scrittore così affascinante. “In fondo – annota Tozzi in un suo intervento saggistico intitolato Le ciancie colla critica – costruiamo lunghi monologhi; di cui magari si sente la trasparenza ondeggiante, ma tuttavia capace di soffocare. Trasparenza, però insopportabile; e noi scriviamo, appunto, per provare un senso violento di liberazione. / Ma non sempre ci riesce; in questi attacchi di scontentezza, qualche volta illogica, la nostra anima non riesce né meno a trovare quella parola dopo la quale il vero lavoro comincia. E, così, avviene che, invece di scrivere una novella o una lirica, la nostra anima s’indugia a sciorinare tutti i suoi dubbi e le sue ipotesi”.
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