A somma gloria del sapere

il 24/01/2011 - Redazione

Dal 1980, anno in cui fu pubblicato Il nome della rosa di Umberto Eco, il nostro immaginario di bibliofiliaci non può più prescindere da quello scriptorium dove l’ormai vecchio monaco Adso da Melk graffia l’ultima pergamena del racconto scrivendo: “Fa freddo, il pollice mi duole. Lascio questa scrittura, non so per chi, non so più intorno a che cosa: stat rosa pristina nomine, nomina nuda tenemus” (la rosa primigenia esiste in quanto nome, possediamo i semplici nomi). Criptica conclusione per dire che chiunque si ritenga depositario della verità può rendere la stessa verità quanto mai discutibile o addirittura risibile.

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