A dieci anni di distanza le celebrazioni per ricordare l'amico Faber

il 12/01/2009 - Redazione

Sono davvero tante le iniziative per celebrare il decennale della morte di Fabrizio De André, scomparso l'11 gennaio 1999. In tali circostanze il rischio è sempre quello degli eccessi celebrativi o nostalgici. O peggio ancora dei rimpianti che non renderebbero giustizia ai sentimenti di De André il quale, come ebbe a dichiarare verso la fine degli anni ‘60, aveva badato a impostare la sua vita "in modo da morire con trecentomila rimorsi e nemmeno un rimpianto".
Bene ha detto la moglie Dori Grezzi sostenendo che, forse, lo stesso Fabrizio si stupirebbe per tutto questo fervore nei suoi confronti. Peraltro la stessa Dori Grezzi sollecitata a ipotizzare quale potrebbe essere stato, nell’attuale frangente sociale, l’atteggiamento del battagliero De André (e, quindi, cosa di questo oggi sarebbe potuto diventare tema di canzoni) ha risposto che probabilmente Fabrizio avrebbe cercato “di ricondurre i nostri pensieri verso i sentimenti che si sono un po’ persi. I valori sono andati perduti ed è la causa di questo disastro. Non mi avrebbe sorpreso un suo disco di canzoni d’amore”.
Resta il fatto che dieci anni fa moriva un grande cantautore che Fernanda Pivano, in occasione della pubblicazione dell’album “Non al denaro non all’amore né al cielo” ispirato alla nota “Antologia di Spoon River”, non ebbe difficoltà a riconoscere poeta almeno quanto Edgar Lee Masters, poiché “sono due grandi poeti, tutti e due pacifisti, tutti e due anarchici libertari, tutti e due evocatori di quelli che sono stati i nostri sogni”. Fino a spingersi a dire che “poi Fabrizio sarà sempre attuale, è un poeta di una tale levatura che scavalca i secoli”.
Proprio in questa ricorrenza e in ragione di ciò che De André ha significato sul piano artistico e umano, anche il nostro giornale in collaborazione con il portale sienalibri ha ritenuto di dover fare un omaggio al grande Faber (così lo chiamavano gli amici). Molti di noi ricorderanno i due concerti tenuti a Siena nel 1976 al Palazzetto della Mens Sana e nel 1993 al Teatro Metropolitan, come documentano le belle foto di Augusto Mattioli che nei suoi scatti sa cogliere sempre il “senso della notizia” destinata a durare nel tempo. Due memorabili concerti nella città di quel Cecco Angiolieri che De André aveva fatto cantare nei graffianti versi dei dischi di esordio: “S’io fossi foco, arderei lo mondo…”.
Non si dimentichi poi che dal dicembre del 2004 ha sede a Siena, presso la Facoltà di Lettere, il Centro Studi “Fabrizio De André”, che svolge e coordina attività di studio e di ricerca connesse all’archivio che la Fondazione De André ha affidato alla Biblioteca di Facoltà.
Pur nella mestizia del decennale che oggi si compie, avvertiamo dunque una ricchezza di messaggi, di emozioni, di sguardi sull’esistenza, che De André ha lasciato quale patrimonio condivisibile. E verrebbe quasi da trasferire alla memoria di Fabrizio le parole con cui Cesare Pavese ebbe a commentare l’Antologia di Spoon River: “Si direbbe che per Lee Masters la morte – la fine del tempo – è l'attimo decisivo che dalla selva dei simboli personali ne ha staccato uno con violenza, e l'ha saldato, inchiodato per sempre all'anima”.

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