10 autori per 10 temi. L’identità toscana attraverso religione e misticismo

Firenze il 27/10/2022 - Redazione
Torna l’appuntamento con l’iniziativa di Toscanalibri "10 autori per 10 temi – Come una biblioteca dell'identità toscana", finalizzata a ricavare una ‘summa’ dei segni distintivi della ‘toscanità’, così come, nel tempo, è stata plasmata da molteplici fattori. Abbiamo chiesto a dieci autori di attingere ai nostri scaffali per suggerire alcuni libri riconducibili a dieci temi connotanti le peculiarità della Toscana. Marialuisa Bianchi propone oggi alcuni volumi attraverso cui conoscere e approfondire aspetti di quel ‘carattere’ regionale che è andato formandosi attraverso religione e misticismo. La Toscana ha visto emergere personalità nel campo religioso di grande statura morale, impegnate nel sociale, attente all’educazione dei ragazzi/e perché solo l’istruzione rende liberi, grandi riformatori e rivoluzionari, non solo in campo religioso. Hanno inseguito il dialogo politico, la pace tra i popoli, l'ecumenismo, la carità. Le donne spesso legate alle estasi e al misticismo, anche perché dentro le mura del convento non avevano molte altre opportunità, ma qualcuna è andata ben oltre.

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Determinati, volitivi, spesso caratterizzati da un intenso impegno nel sociale. Capaci di un «sì» totale, assoluto e definitivo? Direi che a primo acchito religiosi/e toscani sono di questa pasta. Rintracciare un denominatore comune nella grande affermazione di sante e di santi della nostra regione, non è facile. Dal radicalismo evangelico di santa Caterina da Siena, passando per l’esaltazione profetica di Savonarola all’acume di san Filippo Neri, osserviamo le vite e le personalità complesse di altre figure per le quali è in corso il processo di beatificazione: sacerdoti, religiose, ma anche laici e laiche legate alla spiritualità e alla dedizione forte nel sociale, come Don Milani per fare un esempio inconfutabile. Ma facciamo un passo indietro e notiamo che tra il Duecento e il Trecento molte figure di donne, che potremmo definire mistiche o profetiche, popolano l’Europa della cristianità, intrecciando con Dio un rapporto privilegiato, diretto, in grande libertà e fondando quel pensiero che, se pur in modo meno evidente nei secoli futuri si può denominare “mistica femminile” o, come indica la filosofa Luisa Muraro, “teologia in lingua materna”. Sono proprio la Toscana e l’Umbria che nel basso Medioevo riportano la maggiore affermazione di figure femminili le quali, sull’esempio evangelico, condividono esperienze di mistica e dedizione sociale: non sentono il bisogno di un vero e proprio ritiro monastico, ma conducono forme di vita laica. In santa Caterina da Siena abbiamo l’esempio più elevato e noto. Ma si trovano già prima nel Duecento, indubbiamente ripercorrendo le tracce lasciate da Francesco d’Assisi (1181/2 –1226) che senza elaborare teorie, ma assumendo l’umanità e l’universo intero come manifestazione del divino opera un cambiamento epocale. Egli non contempla più Dio nell’alto dei cieli, lo conosce piuttosto guardando i lebbrosi e immergendosi nella natura, parlando agli animali, cosicché la sua contemplazione si trasforma nell’imitazione di Gesù. Per questo la povertà diventa l’abito del vero cristiano e, con la povertà, la laicità almeno potenziale. “Obbedienti ma liberi”. Forse un tratto peculiare della toscanità religiosa, non l’unico di certo.

Iniziamo il percorso con Umiliana dei Cerchi (Firenze, 1219 – Firenze 1246), la prima terziaria francescana venerata già in vita. Della antica e nota famiglia, appena inurbata a Firenze, cercava di riscattare la pessima condotta del marito con numerose opere di carità. Rimasta vedova continuò il suo impegno come terziaria. Si ammalò ed ebbe visioni ed estasi, morì a 27 anni e fu sepolta a Santa Croce, dove è stata rappresentata anche nell'Albero della Vita, attribuito a Taddeo Gaddi.
 
Anche Angela da Foligno (Foligno, 1248 – Foligno, 1309) è stata una mistica e terziaria francescana italiana, beatificata nel 1693, va ricordata per il Convento del Foligno a Firenze in cui è conservato un affresco del Perugino, L’ultima Cena. (Rodolfo Doni, Dialoghi con Dio. Mistici, patriarchi e profeti, Pagliai).
 
Margherita da Cortona (Laviano, 1247 - Cortona, 1297) appartenente anch’essa al terz’ordine francescano. Particolarmente coinvolta dal tema della Passione di Cristo, in linea con Francesco d'Assisi e Angela da Foligno. Nel 1728 è stata proclamata santa da papa Benedetto XIII. Di umili origini dopo aver vissuto senza essere sposata con un ricco mercante di Montepulciano, Arsenio (tal Raniero Del Pecora, dei signori di Valiano), dal quale ebbe anche un figlio, rimasta vedova fu scacciata dalla famiglia. Fondò una congregazione di terziarie, dette le Poverelle, e formò la Confraternita di Santa Maria della Misericordia, per assistere i malati e i poveri. Visse anche crisi mistiche e visioni, ma fu soprattutto donna d’azione, attenta a quel che accadeva nella vita pubblica, come le contese tra Guelfi e Ghibellini, si impegnò per opere di pace presso i feudi di Montepulciano. (Rughe e gente di Cortona di Tito Barbini, Aska edizioni).
 
Ed eccoci alla grande Caterina (Siena, 25 marzo 1347 – Roma, 29 aprile 1380). Figlia del tintore Jacopo di Benicasa del rione di Fonteblanda, Caterina fece di tutto per essere accettata dalle Mantellate (terziarie domenicane) e a costo della vita ci riuscì. Si avvicinò alle letture sacre pur essendo analfabeta e poi imparò anche a scrivere, ma usò comunque e spesso il metodo della dettatura. Dentro l’ospedale di Santa Maria della Scala ebbe inizio l’intensa attività caritatevole a vantaggio dei poveri e degli ammalati, accompagnata da estasi e visioni. Intanto inviava messaggi ai potenti per far cessare le guerre e far tornare il papa a Roma, da Avignone. Si circondava di devoti e andava in giro accompagnata dalla “Bella brigata”, un gruppo di uomini e donne che la sorvegliavano durante le lunghe estasi, l’aiutavano nelle attività caritative e anche nella corrispondenza che in tanti intrattenevano con lei. Affrontava problemi e temi sia di carattere religioso che di vita sociale, nonché questioni morali e politiche che interessavano tutta la Chiesa, l'impero, e gli Stati dell'Europa. Caterina nelle lettere a personalità importanti dell'epoca, non si esimeva dai giudizi critici, sia con il papa che con i potenti. Proclamata santa nel 1461 Caterina è stata eletta patrona d'Italia nel 1939 da Pio XII (assieme a san Francesco d'Assisi) e compatrona d'Europa da Giovanni Paolo II il 1º ottobre del 1999. Ovviamente molto venerata a Siena è anche patrona della città e della contrada del Drago e di quella dell'Oca. Va ricordata per la sua totale dedizione a Cristo, la sapienza infusa e la tenacia che ha dimostrato sin da piccola, un carattere forte che non si faceva intimidire da niente e nessuno. Indomita e coraggiosa. (La santa dell’Oca di ‎Alessandro Falassi, Betti editrice).
 
Grande predicatore, seguitissimo, fu Bernardino degli Albizzeschi (1380- 1444), di nobile famiglia originaria di Massa Marittima, impressionava i contemporanei per la forza che emanava. Aveva carisma indubbiamente. Catturava la gente con le parabole e i gesti: molto teatrale, amava rivolgersi al popolo usando parole semplici, anche se lui veniva dalla nobile famiglia degli Albizzeschi, una delle più antiche del Senese. “Bisogna che il nostro dire sia inteso. Sai come? Dirlo chiarozzo chiarozzo” diceva.  La sua predicazione fu così incisiva da essere determinante per il rinnovamento della Chiesa cattolica italiana e per tutto il movimento francescano. Bernardino non mancò di attenzione agli aspetti pratici della vita dei fedeli, soprattutto l’arricchimento illecito e l’usura. Affrontò tematiche di natura economica sulla proprietà privata, sull'etica del commercio e sulla determinazione del valore e del prezzo. Era ossessionato dagli incanti e divinamenti, dal peccato di sodomia e nelle sue parole c’era spesso ferocia, ma era un sant’uomo. Mandato a Roma in sospetto di eresia fu assolto e la sua popolarità si accrebbe e fu venerato. Ebbe incarichi molto importati, continuando sempre a dedicarsi all'evangelizzazione. Nel 1444, pur essendo molto malato, su invito del vescovo si recò a L'Aquila, anche per tentare di riappacificare due fazioni cittadine. Morì durante la missione proprio qui, dove è stato sepolto nella basilica che porta il suo nome. Nel 1450 fu proclamato santo (Antologia delle prediche volgari di san Berbardino da Siena, edizioni Cantagalli - La promessa di Ekaterina di Marialuisa Bianchi, End edizioni).
 
Contemporaneo e seguace di san Bernardino, Antonino Pierozzi (Fi 1389 – Fi 1459) teologo e letterato; appartenne all'ordine dei frati predicatori, fu arcivescovo di Firenze. Divenne Priore di San Marco all’epoca in cui dipingeva dentro quelle mura il Beato Angelico, che lui sostenette. Antonino Pierozzi, vescovo di Firenze, considerava Cosimo il vecchio un usuraio e istruì un processo, che coinvolse tutta la città, fra una sua protetta Lusanna di Bartolomeo, contro il ricco mercante che negava di averla sposata, condannò Giovanni della Casa, amico di Cosimo, concludendo che una vedova onesta e virtuosa si era scambiata delle promesse con un uomo ricevendo da lui un anello e il tutto era avvenuto alla presenza di testimoni, fra cui il frate che aveva celebrato. Era la prima volta che veniva pronunciata una sentenza del genere e forse anche l’ultima. Questo per dire che era uomo vicino ai poveri che aveva messo in partica lo spirito evangelico. Infatti riorganizzò le istituzioni caritative, affinché potessero specializzarsi: lo Spedale degli Innocenti per i fanciulli, gli orfani e i trovatelli, la Compagnia dei Buonomini di San Martino per i poveri "verghognosi", ovvero i benestanti immiseriti, sempre in aumento anche per via dell’esilio e le confische di beni, durante le lotte intestine. Antonino s’inserisce quindi in quella tradizione assistenziale-caritatevole tipicamente toscana, ma non percorse strade radicali o intransigenti come quelle del suo confratello Savonarola (Antonino Pierozzi. Un santo domenicano nella Firenze del Quattrocento di Silvio Calzolari e Nino Giordano, Edizioni Polistampa - La Congregazione dei Buonomini di San Martino, Edizioni Polistampa).
 
Girolamo Savonarola (Ferrara 1452 – Firenze 1498) grande predicatore e abile politico. Auspicava una riforma dei costumi e portava avanti una battaglia contro il lusso e la corruzione per un ritorno allo spirito evangelico. Girolamo venne eletto priore del convento di San Marco nel 1492, tuttavia non rese omaggio a Lorenzo il Magnifico, come era consuetudine e non si fece rabbonire dai doni e dalle elemosine in fiorini d’oro; in quell'anno pubblicò il suo primo libro a stampa, “Il Libro della vita viduale”. La notte del 5 aprile 1492 un fulmine colpì la lanterna del Duomo e i fiorentini interpretano l'accaduto come un cattivo augurio; tre giorni dopo Lorenzo de' Medici morì nella sua villa di Careggi, comunque con il conforto della benedizione del Savonarola, come attestò il Poliziano. Appartenente anche lui all'ordine domenicano, profetizzò sciagure per l'Italia spingendo la Repubblica fiorentina (dopo la cacciata di Piero dei Medici) verso un governo popolare. La cittadinanza, animata dalle prediche di Girolamo Savonarola, sembrava aver ritrovato la sua forza riformando il governo ed eleggendo a vita il gonfaloniere Pier Soderini. Nel frattempo la città appariva divisa fra palleschi e piagnoni, i seguaci di Savonarola che se la prendevano con il disfacimento morale della Chiesa, ma anche contro il lusso e la vanità dell’arte. Il domenicano ordinò di bruciare in piazza della Signoria abiti, preziosi e anche alcune tavole dipinte, fra il plauso generale e l’orrore di uomini colti e illuminati. Finirà lui stesso impiccato e bruciato sul rogo nella stessa piazza il 23 maggio 1498 (Girolamo Savonarola O. P. introductorium confessorum confessionale, Pagnini Editore)
 
Filippo Romolo Neri (Firenze, 1515 – Roma, 1595) detto il santo burlone. Figlio di un notaio cominciò a frequentare il convento di San Marco, dove era stato priore il Savonarola, trasferitosi a Roma si adoperò anche lui nell’evangelizzazione, specialmente dei ragazzi di strada, fondando un famoso oratorio. Si rivolgeva ai suoi allievi con pazienza e allegria: infatti è rimasta famosa la sua esortazione in romanesco: «State bboni (se potete...)!». Ma ebbe anche attitudini contemplative e mistiche.
 
Torniamo a parlare di donne. Santa Maria Maddalena de' Pazzi nasce nel 1566 e appartiene alla casata dei Pazzi, potentissimi a Firenze, a 16 anni entra nel monastero carmelitano di Santa Maria degli Angeli e come novizia prende questo nome. Tuttavia alla cerimonia dei voti, viene portata davanti all'altare nel suo letto, poiché soffre di una grave malattia. Da questo momento vivrà diverse estasi. Le voci dall'alto le chiedono di promuovere il rinnovamento della Chiesa, iniziato dal Concilio di Trento con i suoi decreti). Scrive a papa Sisto V, ai cardinali della curia; e ad Alessandro de' Medici, arcivescovo di Firenze, predicendogli il suo breve pontificato. Alla grande mistica fiorentina si deve la centralità della Trinità nella vita spirituale ed ecclesiale e il avvertirla come un profondo amore per Dio: l’invito appassionato a ricambiare l’amore di Cristo per l’uomo, testimoniato dalla Passione. “Venite ad amare l’Amore!”. La mistica morirà nel 1607 dopo lunga e dolorosa malattia (Maria Maddalena de’ Pazzi. Quaranta giorni, Pagnini Editore).
 
Eleonora Ramirez de Montalvo (Genova 1602 – Firenze 1659) si occupa dell’istruzione femminile, ma è anche poeta e visionaria. Nonostante il matrimonio sente di avere una vocazione per l’educazione di povere ragazze e fanciulle nobili. Trova la sede adeguata a Villa La quiete. Le ragazze avranno una formazione culturale ad alto livello, studieranno anche materie scientifiche. Saranno chiamate le Ancille della santissima vergine, comunità delle Montalvo (Ven. Leonora Ramirez De Montalvo Gloria alla Santissima Trinità, Pagnini Editore).
 
Un posto a parte merita Davide Lazzaretti (Arcidosso, 1834 – Bagnore, 1878) un predicatore laico, rivoluzionario, un profeta. Operò alla fine dell’Ottocento nella zona del Monte Amiata. È stato chiamato il Cristo dell'Amiata. Al suo nome è legato quello del cosiddetto Giurisdavidismo (o Chiesa Giurisdavidica). Il comune di Arcidosso, dopo 110 anni, ne ha riabilitato la memoria, abrogando la delibera con cui, in un’apposita riunione il suo consiglio amministrativo elogiò l’uccisione del 18 agosto 1878. Motivo era il terrore della classe dirigente per Il “comunismo evangelico” di Monte Labbro che apparve una minaccia che avrebbe messo in discussione i privilegi di classe. Ma in quel comunismo c’era di più: c’era la dimostrazione che il popolo è in grado di governarsi da sé, spezzando i meccanismi dello sfruttamento. E c’era la dimostrazione tangibile di come l’uomo possa vivere n una libera cooperazione, in una festosa condivisione dei beni della terra e dei beni dello spirito. (Davide di Roberto Magnani, Edizioni Effigi).
 
Giulio Facibeni (Galeata, 1884 – Firenze, 1958) è stato un presbitero e antifascista italiano, fondatore dell'Opera della Divina Provvidenza Madonnina del Grappa. Il suo nome è scritto nei giusti tra le nazioni, per la sua opera in aiuto concreto degli ebrei a Firenze durante l'Olocausto. Per la Chiesa cattolica ha il titolo di venerabile.
 
Giorgio La Pira (Pozzallo, 1904 – Firenze, 1977) è stato un politico e accademico italiano. Giurista e docente di diritto romano, fra i padri legislatori della Costituzione, più volte deputato. Per tre volte sindaco di Firenze (tra il 1951 e il 1965). Cattolico, molto devoto, è stato soprannominato il «sindaco santo», Rappresentante di spicco del cristianesimo sociale, durante la sua attività ha portato avanti il dialogo politico, la pace tra i popoli, l'ecumenismo, la carità e il rispetto della dignità umana. È stato dichiarato venerabile il 5 luglio 2018 da papa Francesco. (Giorgio La Pira. La forza della speranza di Riccardo Clementi, Edizioni Polistampa)
 
In questo percorso non può mancare una personalità unica, un uomo davvero eccezionale. Don Lorenzo Milani, Comparetti (Firenze, 1923 – Firenze, 1967). Di famiglia illustre, manifestando presto la vocazione, studiò in seminario. Consacrato sacerdote mostrò subito la sua irrequietezza, spinto dal sentimento cristiano verso il prossimo e un forte impulso nella lotta alle ingiustizie, si mise in luce da subito come un prete scomodo per le sue posizioni critiche verso la Chiesa e lo stato, che non gli permettevano di essere vicino agli ultimi e lo ostacolavano. Infatti dalla parrocchia di san Donato in Calenzano fu trasferito per ordine del vescovo in un piccolo centro sul Monte Giovi: Barbiana. Un vero e proprio “esilio”, per Lorenzo, che si rivelerà tuttavia una grande opportunità. In questo luogo davvero abbandonato da Dio e dagli uomini, gli abitanti, davvero molto poveri, vivevano in un grande isolamento sociale e culturale, quasi tutti analfabeti. I bambini, lavoravano nei campi al fianco dei genitori, che sopravvivevano solo con i magri proventi della terra. Don Lorenzo, che non riesce ad accettare l’idea di quei bambini senza un futuro, decide di organizzare lui stesso una scuola per i piccoli. Nasce così la scuola di Barbiana, allestita in una misera stanza, ma da quella stanza si vedeva tutto, si studiava, si imparava, si osservava la natura, si diventava cittadini. Un insegnamento nuovo, una pedagogia rivoluzionaria, senza voti, offrendo a tutti la possibilità di riscatto dalla miseria e dall’ignoranza. Alcuni studenti arrivarono a diplomarsi, passando gli esami da privatisti a Firenze, al Liceo Pascoli, dove insegnava la famosa professoressa a cui sono indirizzate le lettere: una denuncia di una scuola classista e meritocratica, perché come diceva “Non c'è nulla che sia più ingiusto quanto far parti uguali fra disuguali”. Fu molto criticato, ma anche molto amato, purtroppo la sua vita si spense presto, malato di un tumore, morì a casa della madre, circondato dall’affetto degli allievi, ma espresse il desiderio di essere seppellito nel piccolo cimitero di Barbiana. “Se voi però avete diritto di dividere il mondo in italiani e stranieri allora vi dirò che, nel vostro senso, io non ho Patria e reclamo il diritto di dividere il mondo in diseredati e oppressi da un lato, privilegiati e oppressori dall'altro. Gli uni son la mia Patria, gli altri miei stranieri” (Lettera a una professoressa di Lorenzo Milani, Libreria Editrice Fiorentina).
 
Infine, come non citare padre Ernesto Balducci, di cui quest’anno ricorre il centenario della nascita a Santa Fiora, celebrato sull’Amiata il 4 di agosto 2022. Santa Fiora, un paese di minatori sul Monte Amiata, fu un'ispirazione fondamentale per la sua formazione. Molto attento, infatti, anche agli aspetti politici che comprendevano ovviamente rivendicazioni di giustizia dei più poveri, dai minatori dell'Amiata agli emarginati delle città e del Terzo mondo. Fondatore de la rivista Testimonianze, con un gruppo di giovani iniziò un'intensa attività pubblicistica su temi ecclesiologici. Si richiamava a una fede fondata sul valore della testimonianza. Il suo operato innovatore gli attirò l’ostilità della Curia diocesana, con conseguente allontanamento da Firenze, un po’ quello che era successo a Don Milani. Per la sua figura molto complessa e versatile si rimanda al testo di Giuseppe Sani, Padre Balducci, Fede e religione nella società della tecnica, Edizioni Effigi.
 
La Toscana ha visto emergere personalità nel campo religioso di grande statura morale, impegnate nel sociale, attente all’educazione dei ragazzi/e perché solo l’istruzione rende liberi, grandi riformatori e rivoluzionari non solo in campo religioso. Hanno inseguito il dialogo politico, la pace tra i popoli, l'ecumenismo, la carità. Le donne spesso legate alle estasi e al misticismo, anche perché dentro le mura del convento non avevano molte altre opportunità, ma qualcuna è andata oltre pensiamo a Eleonora de Montalvo, Margherita da Cortona e Santa Caterina dentro l’ospedale della Scala di Siena.

 
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