Giancarlo Antognoni è nato il primo aprile 1954 a Marsciano, piccolo paese in provincia di Perugia. Una realtà semplice quella in cui ha mosso i primi passi, con il padre agricoltore, come il nonno, e la madre che in casa accudiva lui e suo fratello Viscardo. Intorno a lui, la campagna umbra e una vita scandita dagli orari scolastici. Dopo la scuola, però, subito a correre su un campetto in terra battuta, finché non faceva buio: è lì che è iniziata la sua storia, la carriera di un ragazzino gracile, ma che col pallone faceva quello che voleva.
Per le sue doti, le sue qualità calcistiche Antognoni avrebbe avuto più volte l’occasione di cambiare maglia, accettando le offerte di squadre quali la Juventus o la Roma dell’allora presidente Viola (come del resto hanno fatto e continuano a fare molti altri giocatori), ma il Capitano ha sempre deciso di restare. Dignitoso e coerente nelle scelte, ha sempre saputo superare gli ostacoli e non ha mai rinnegato le strade percorse.
È per questo che parlare della Fiorentina di quegli anni è parlare inevitabilmente anche di Antognoni; perché il legame che si è instaurato è unico e indissolubile, un legame basato sull’amore per la maglia, sulla voglia di riemergere anche dopo le sconfitte, sul lottare spesso contro un destino avverso e implacabile. Tutto questo ha fatto sì che l’amore di Firenze per Antognoni, o Antonio come era stato ribattezzato dai fiorentini, diventasse qualcosa di molto profondo e non un semplice e doveroso tributo al campione e alle sue gesta calcistiche.
Idolo senza scudetto, campione del mondo senza aver giocato la finale. Antognoni è la prova vivente che non bastano i titoli vinti a creare un campione: ci vuole cuore, onestà, rispetto. Tutte doti che il Capitano ha sempre dimostrato e per le quali la gente di Firenze continuerà ad amarlo.